La maggior parte degli acquariofili abbina al nome Killi (o Killifish) ad un piccolo gruppo di pesci sicuramente molto colorati, difficili da allevare e dalla vita molto breve. Questo però è molto restrittivo e minimalista data l’immensità di forme, colori, adattamento e biotopi dove questi pesci vivono. Hanno caratteristiche uniche come ad esempio la capacità delle uova di sopravvivere alla totale mancanza d’acqua anche per parecchi mesi (per alcune specie annuali) che consentono, tra l’altro, lo scambio di uova in tutto il mondo tramite il semplice mezzo postale (dove questo è ovviamente permesso, vedi le differenti legislazioni nel mondo). La stragrande maggioranza richiede un ridotto spazio, quindi si può creare una “fishroom” con poca spesa (anche perché molte specie vivono bene alle abituali temperature interne dei nostri appartamenti anche nella stagione fredda!). Esistono moltissime associazioni di appassionati nel mondo (in italia c’è l’AIK Associazione Italiana Killifish www.aik.it ) dove si possono trovare la maggior parte delle specie ed inoltre associandosi si può contribuire con la propria passione (collaborando con le varie istituzioni e ricercatori) al miglioramento della conoscenza di questi pesci e al mantenimento di specie in cattività (data la “fragilità” di molti biotopi). La prima descrizione scientifica di un Killi è da riportare al naturalista svedese Carl von Limné, il fondatore della sistematica binominale, che descrisse una specie diffusa negli Stati Uniti (l’attuale Fundulus heteroclitus) con il nome di Cobits heteroclitus nel 1766. Il termine Killi non deriva da “to kill” (assassinare in inglese) magari riferendosi all’indole aggressiva di alcune specie ma bensì da un termine olandese: “kil” che significa piccolo corpo d’acqua, ruscello.
Veniva infatti utilizzato dai coloni olandesi nel 17mo secolo per definire i piccoli pesci (Fundulus sp.) che vivevano nei canali nelle vicinanze di New York (allora “Nuova Amsterdam”). Progressivamente il nome fu esteso per altri gruppi di pesci diffusi in nord America e nella zona del Mediterraneo e alla fine anche per quelli delle zone tropicali. Dal punto di vista scientifico i Killi sono Teleostei (pesci vertebrati), facenti parte del superordine Anterinomorfi, dell’ordine Ciprinodontiformi. Ciprinodontiformi sono separati in specie ovipare (Killi, circa 700 specie) e ovovivipari (circa 300 specie comprendenti Godeidi, Anableps, Guppy,…..). I Killi sono diffusi in tutto iI mondo, in zone tropicali e temperate (essenzialmente intertropicali) in Africa, America ed Eurasia, eccetto nelle zone nord-est dell’Europa (anche se molti fossili sono stati trovati in questa zona) ed in Oceania. Vivono in linea generale in acque marginali come: piccoli ruscelli, sorgenti, aree di esondazione dei fiumi, principalmente in pianure costiere ma anche in altopiani. Queste condizioni instabili e “difficili” li hanno portati ad una forte specializzazione in rapporto ad altre famiglie di pesci, come ad esempio il pesce (il vertebrato attualmente conosciuto ) con l’aspettativa di vita tra le più brevi : Nothobranchius furzeri (solo 12 settimane). In generale le specie annuali (più di 200 specie in Africa sub-sahariana e America tropicale) che vivono in biotopi stagionali dove l’acqua è presente solo durante la stagione delle piogge (le cui uova resistono molte settimane o mesi nel fango secco senza acqua), alcune addirittura deponendo le uova in profondità nel substrato. Specie intermedie tre ovipari e vivipari, con fertilizzazione interna ma sviluppo delle uova esterno ( Campellolebias sp. e Tomeurus sp.).
Specie adattate in condizioni estreme di salinità come Aphanius sp., Cyprinodon sp. e Floridichthys sp. o ad estreme altitudini come gli Orestias sp. che vivono nei laghi sulle Ande che presentano una speciazione radiante che si incontra solo nei Ciclidi dei grandi laghi del Rift Africano. Specie adattate in condizioni estreme di temperatura (fino a 45°C!!) come alcuni Nothobranchius diffusi in zone semi-desertiche. RiproduzioneI killi sono ciprinodontidi ovipari, normalmente le femmine producono per lunghi periodi una bassa quantità di uova, ad ogni riproduzione infatti vengono deposte da una a poche uova (nella maggior parte dei generi). In natura le specie che vivono in acque permanenti che sono poi la maggior parte delle specie (circa 500 su 700!) depongono continuamente appena raggiunta la maturità sessuale e continuano per tutta la loro vita che normalmente va dai 2 ai 4 anni circa a seconda delle specie. L’adattamento di alcune specie (il numero totale di quelle annuali al momento descritte è di circa 200 su un totale di 700 specie) alla ciclica mancanza d’acqua trova la sua massima espressione nei killi “annuali” Sud Americani e Africani. Questi pesci si sono adattati al periodico essiccamento del biotopo dove vivono affidando la sopravvivenza dei propri geni a uova resistenti alla mancanza d’acqua per lunghi periodi. Specie NON annualiI Ciprinodontidi ovipari non annuali sono diffusi in Asia, Africa, Europa Nord e Sud America. Si sono adattati a vivere nei più vari biotopi: dalle sorgenti nel deserto statunitense alle zone salmastre nostrane anche se la maggior parte delle specie vive in piccoli corpi d’acqua permanenti (sottoposti anche loro però al ciclico periodo delle piogge) come: ruscelli, fiumiciattoli,…per lo più di scarsa entità. Normalmente l’acqua in questi biotopi è acida e molto tenera (biotopi Africani e Sud Americani) e anche nel loro allevamento e riproduzione dovremo tenere conto di questi parametri. L’arredamento per la vasca per il loro allevamento potrà non essere troppo ricercato in quanto i maschi non presentano una così forte territorialità come per gli annuali. Un qualche rifugio in ogni caso è sempre consigliabile e questo potrà essere fornito da piante, legni, mop,…. Anche un piccolo filtro potrà essere inserito e consentirà di mantenere l’acqua in condizioni ottimali (dato il piccolo volume in cui ci si ostina ad allevare questi pesci). Come filtro si possono utilizzare dei semplici filtrini funzionanti ad aria sia in spugna sia caricati a ghiaia o altri materiali filtranti. In vasca si possono inserire delle piante che non richiedono fondo (come ad esempio Najas sp., Anubias sp., Microsorum sp. o Vesicularia sp.), o se abbiamo predisposto un fondo o dei vasi (praticamente tutte quelle che si vuole). In alternativa si può evitare l’uso del filtro e cambiare parzialmente l’acqua settimanalmente. La temperatura di allevamento potrà variare a seconda delle specie ma diciamo che intorno 24°C è ottimale per la maggior parte delle specie! Il fondo della vasca potrà essere coperto con un leggero strato di sabbia fine (che si incontra in molti biotopi)magari aggiungendo alcune foglie che a parte lo splendido effetto estetico, serviranno anche da nascondiglio per le femmine e i maschi non dominanti. Come substrato per la riproduzione potremo fornire dei mop (fatti galleggiare o semplicemente posti sul fondo a seconda delle specie) o sfruttare l’apparato radicale delle piante ( o addirittura le foglie se queste sono molto piccole e lancinate come ad esempio Vesicularia o Najas), della torba fibrosa o della fibra di cocco. Normalmente le loro uova schiudono in acqua dopo circa 5-21 giorni dalla deposizione a seconda delle specie. Si possono applicare due tecniche: o il metodo “naturale” cioè lasciare le uova in vasca e aspettare che i piccoli schiudano, normalmente i genitori non mangiano le uova ne predano i piccoli (a patto che vengano alimentati in modo vario e completo!), ma spesso può capitare che questi vengano mangiati dai fratelli più grandi o da altri coinquilini della vasca o il metodo “artificiale” ovvero prelevare dal substrato di deposizione le uova (e qui è consigliabile utilizzare un mop per velocizzare queste operazioni) e spostarle in un altro contenitore per la schiusa. Per la prima “tecnica” è importante è fornire una vasca piuttosto “grande” (almeno 30 litri ma funziona anche con vasche meno voluminose) meglio se bassa e larga e ricca di piante!. La seconda “tecnica” prevede invece che, ogni giorno, le uova vengano tolte con delicatezza del mop prendendole con le dita, facendo attenzione perché le uova di “non –annuali” sono piuttosto fragili e presentano un filamento con cui si fissano al substrato. Dopodiché le uova possono essere poste a svilupparsi in un piccolo contenitore riempito con alcuni cm d’acqua (diciamo ½ litro di volume totale d’acqua, ma dipende anche dal numero delle uova) e un po’ di antimicotico/antibatterico generico. Da questo momento ogni giorno dovranno essere tolte le uova ammuffite, cambiata parzialmente l’acqua e prelevati gli avannotti che schiuderanno. Un altro sistema più “produttivo” che consente di avere molti avannotti da una stessa schiusa (quindi tutti delle medesime dimensioni o quasi) e quello di porre le uova in un contenitore in plastica con relativo coperchio (i laboratori usano capsule petri, ma vanno benissimo anche i contenitori per frigorifero o quelli dei gelati confezionati) riempito con un leggero strato (circa 5-10 mm) di torba molto umida e poste ad incubare per circa 2-3 settimane a 22°C circa (aggiungendo, se si vuole, di giorno in giorno le nuova uova raccolte e togliendo quelle ammuffite). Dopodiché quando si vedranno gli avannotti sviluppati all’interno dell’uovo si aggiunge acqua in misura di circa 20 mm sullo strato di torba (con temperatura intorno ai 18°C e caratteristiche simili a quella di riproduzione) e la maggior parte delle uova schiuderanno quasi contemporaneamente (quelle raccolte nell’ultima settimana impiegheranno ancora qualche giorno ancora). Se gli embrioni completamente sviluppati sono restii alla schiusa si può tentare di porli in un piccolo contenitore chiuso (con acqua) e scuoterli dolcemente per un alcuni minuti (si può anche mettere il contenitore in tasca e fare una passeggiata…alla fine di questa normalmente gli avannotti saranno schiusi!)! Come alimentazione per gli adulti si possono utilizzare cibi di produzione industriale anche se larve di zanzara, dafnia,….e comunque tutti gli alimenti vivi sono sicuramente un ottimo stimolo per la riproduzione. Un valido sostituto sono i surgelati (di dimensioni adeguate alla loro bocca) che si possono combinare anche per gli adulti con naupli d’artemia appena schiusi. Gli avannotti appena nati potranno essere spostati in una piccola vaschetta (riempita con ½ litro d’acqua proveniente dalla vasca di riproduzione) per le prime settimane “arredato” con qualche pianta e qualche lumachina (il genere Physa e Planorbis “funzionano” benissimo!), successivamente potranno essere spostati in vasche più grandi (magari fornite di filtraggio). Come alimentazione potremo utilizzare naupli d’artemia appena schiusi o per le specie più piccole mangimi liquidi o colture di infusori. Se verranno effettuati frequenti cambi dell’acqua e verrà fornito molto cibo nell’arco di circa 2-3 mesi si potranno riconoscere i sessi e dopo altrettanti la maggior parte delle specie saranno mature sessualmente. |
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