Un pesce adatto anche a un neofita
Un pesciolino davvero molto interessante, non tanto per il suo aspetto e i suoi colori, bensì per la sua riproduzione, è lo Spinarello (Gasterosteus aculeatus) che si può pescare nelle nostre acque interne. In Italia è diffuso in quasi tutte le regioni, ovunque in canali e raccolte di acqua limpida a corrente lenta o a regime stagnante, dove la vegetazione sia dominante, come lo possono essere i piccoli ruscelli e i canali escavati per favorire l’irrigazione agricola nei terreni pianeggianti, di solito non molto lontani dal mare; in effetti, vive bene anche in acqua salmastra e salata.
Lo spinarello: un pesce comune
Quando ero un ragazzo, vivevo in una casa di fianco alla quale scorreva un canale delle acque alte; una ventina di chilometri a monte c’era (c’è tuttora) un allevamento di pesci (locali ed esotici), dai quali, di quando in quando, abbastanza raramente ma poteva capitare, per il mal funzionamento di qualcosa, si aveva qualche fuga; i pesci delle nostre latitudini sicuramente si riproducevano ormai tranquillamente in libertà nel canale di cui ho detto.
La presenza dei pesci era un piacere mio e dei miei amici del rione, che amavano questi animaletti come me, tanto che i nostri vasi e i nostri contenitori vari non erano mai sfitti. Per esempio, si potevano incontrare, insieme con le Gambusie, anche dei Lebistes e magari anche qualche altro ovoviparo o viviparo, che però con i freddi erano destinati a soccombere. Tutti i pesci, però, che erano più resistenti (Carassi di tutti i colori e forme disponibili, Subunkins ed altri ancora) erano abbondanti; e fra questi non mancavano gli Spinarelli. Così, come acquariofilo inesperto ho potuto imparare a come allevare e a far riprodurre questi simpaticissimi pesciolini, anche perché le difficoltà che si incontrano non sono affatto insuperabili pure per un neofita.
fonte Wikimedia
Desidero aggiungere che, allora, in quel canale le acque erano limpide e trasparenti e ciò che vi si trovava e vi si vedeva era come se si fosse trovato in un acquario con i vetri tersi.
Ricordo i branchi di Gambusie e, soprattutto, di avannotti di Pesci Gatto che, neri come il carbone, si spostavano in branchi da un punto all’altro del canale, a caccia di Dafnie o Ciclopi, che erano abbondanti, insieme con le larve di Zanzara, che come oggi non latitavano. E i pesci si spostavano in mezzo a fluttuanti, belli, verdi e sani Aponogeton e Myriophyllum; non mancavano Elodea, Vallisneria, Lemna, mentre qualche Ninphea dominava qualche punto della superficie dell’acqua, facendosi ammirare per i suoi fiori variamente colorati.
Oggi, l’acqua, che sembra di cottura della pasta, broda da truogolo o qualcosa di similare, scorre lenta e imbronciata verso il suo destino.
Ma torniamo allo Spinarello, che è il soggetto della nota che sto scrivendo.
Per prendere i pesci che interessavano, andavo a piedi nudi e con i calzoncini corti nell’acqua bassa (nella stagione calda non più di 40 centimetri di profondità), con un secchio senza fondo che si calava appoggiandolo sul suolo, intrappolando la bestiola nel suo interno; dopodiché, bastava prenderla con la mano o con un retino e trasferirla in un contenitore con acqua per portarla a casa, e accoglierla nel mio acquario di acqua dolce, dopo il giusto periodo di quarantena, per non far trasmettere eventuali malattie agli ospiti già presenti.
Lo spinarello – Le caratteristiche
Lo Spinarello italiano è un specie di pesci le cui femmine raramente superano gli 8 centimetri di lunghezza, mentre i maschi sono sempre più piccoli. La colorazione va dal verdazzurro del dorso per diventare bianco argenteo nel ventre, con piccole macchie scure sui fianchi. Il corpo è fusiforme, abbastanza compresso in senso laterale ed è munito di una piccola bocca appena appena rivolta in su, su un muso leggermente appuntito. La coda è vagamente triangolare, a ventaglio con peduncolo abbastanza sottile.
Il fatto che sia definito aculeatus è per mettere in evidenza che sul suo dorso sono placche ossee che possono coprirlo totalmente, talora fino alla linea laterale o magari superarla, alcune delle quali sono munite di raggi spinosi rigidi ed erettili; i britannici lo chiamano Three-spined stickleback”, mentre da noi è detto “Spinarello a tre spine” o più semplicemente “Spinarello comune”.
E’ un pesce un po’ impegnativo per la scelta del cibo, in quanto è carnivoro: così vanno bene piccoli crostacei, larve di insetti, lombrichi, avannotti minuscoli, ma non disdegna talvolta anche sostanze vegetali.
Lo Spinarello è un pesce territoriale, per cui, se si intende ospitarne un gruppetto formato, per esempio, da due maschi e da 6 o 8 femmine, l’acquario deve essere sufficientemente spazioso (non meno di 80 litri di acqua), in modo che si possano individuare due zone, in cui i maschi possano dominare senza contrasti. Ciò perché, oltretutto, i maschi sono aggressivi e combattivi e, in caso di scontri, ci possono essere danni fisici, magari mai letali, dovuti alle spine e agli urti con le bocche, fra i rivali. Conoscendo questo fatto, quando ne ho catturato diversi esemplari, ho inserito nel mio acquario, ben arredato e ricco di piante, un solo maschio insieme con quattro femmine; il resto l’ho regalato ai miei amici, raccomandando loro cautela, per quanto detto più sopra, ricordando che erano elementi da allevare con le stesse precauzioni necessarie per il Betta spendens.
L’alimentazione e la riproduzione
Per quanto riguarda l’alimentazione, il pesciolino predilige una dieta carnivora, formata da moluschi, larve di insetti, crostacei; di quando in quando si può dare cibo vegetale.
La maturità sessuale è raggiunta all’età di un anno; per comprendere quando questa lo sia veramente non ci sono problemi, giacché è l’aspetto stesso dei pesci a comunicarlo: infatti, per quanto attiene alle femmine, queste mostrano il ventre gonfio, pieno di uova, nel quantitativo di qualche centinaio, mentre i maschi cambiano fisionomia, assumendo l’aspetto caratteristico proprio del periodo giusto per l’accoppiamento, vale a dire che i colori diventano più vivaci; ma ciò che più sorprende è la vivissima colorazione assunta dal ventre, che diventa di un rosso, la cui intensità varia da esemplare a esemplare, ma sempre molto intenso. Il maschio diventa irrequieto e irascibile e si avventa contro tutto quanto trova di mobile nell’acquario, oggetti o pesci che siano. Poi, inizia a preparare sul fondo il suo nido, costituito da fili d’erba, piccoli rametti, pezzetti di piante (tutto va bene), a forma di un tubo con un ingresso e un’uscita, fissato a una pianta o al fondo stesso. A questo punto, entrano in scena le femmine, di cui quella da lui prescelta, viene solleticata, accarezzata, toccata furtivamente e poi, se essa non si dimostra tanto disponibile, con un po’ di violenza la costringe a entrare nel nido; qui, riprendono le carezze e pichiettando con il muso contro il ventre, la induce a deporre le uova che immediatamente vengono fecondate.
A deposizione completata, che può essere da trecento a quattrocento unità, il maschio resta a vigilarla, nel contempo eliminando le uova non fecondate o guaste, agitando l’acqua per cambiarla attorno a quelle sane, mentre è opportuno togliere la femmina e metterla in un acquario dove possa riposarsi e riprendersi dal travaglio.
Trascorsi dai sei ai dieci giorni, le uova si aprono e gli arzilli avannottis gusciano e restano sotto la custodia del padre, impediti da lui ad allontanarsi troppo, a scanso di eventuali pericoli. Quando secondo lui i piccoli diventano autosufficienti, se ne disinteressa, per cui non è male decidere di toglierlo e rimetterlo nell’acquario comune.
L’alimentazione degli avannotti è opportuno sia di Artemia Salina, poi di Tubifex tagliuzzati e ogni altro cibo, purché non ci si dimentichi mai che deve da loro ingoiato e pertanto di dimensioni minime; non sarà male alternare la dieta con cibi secchi e liofilizzati, e magari dare loro lombrichi tagliati; insomma, un cibo variato, analogamente a quanto si fa con i pesci adulti.