Cause e conseguenze dell’utilizzo del cianuro tra i pescatori dei reef Asiatici … Questo resoconto sulla pesca al cianuro è volto a sensibilizzare gli appassionati del settore su di un problema molto ampio come quello del degrado delle barriere coralline.
Bleaching, inquinamento, turismo di massa sono le cause principali di ciò, a cui si sommano altre attività di cui potremmo essere direttamente o indirettamente partecipi.
Trovo doveroso nel nostro piccolo renderci “meno colpevoli”, alleggerendo la pressione antropica dove possibile.
Compito dell’ acquariofilo marino deve essere quindi quello di tenere sempre a cuore la questione dello sfruttamento delle barriere, oculando gli acquisti ed incentivando il meno possibile la malsana filiera del pesce tropicale di cattura, a favore di forme di acquariofilia ecosostenibile. … sosteniamo il sostenibile!! La pesca con il cianuro ( cyanide fishing ) è una tecnica ampiamente diffusa tra i pescatori delle barriere coralline del Sud-est asiatico, in particolare delle Filippine dove non è stato emanato ancora alcun divieto o restrizione a riguardo.
I vantaggi dati dal cianuro sono la rapidità e la resa, in quanto i pesci vengono storditi e facilmente catturati senza bisogno di “pescare”.
Il cianuro era fino a qualche anno fa principalmente utilizzato per soddisfare il limitato mercato dell’acquariofilia mondiale.
Viene infatti usato per catturare pesce vivo fin dagli anni ’60 ed il “merito” di aver introdotto l’uso di cianato di sodio per stordire i pesci spetta al sig. Gonzales, collezionista di pesci tropicali ispirato da alcune letture su studi di tossicità sui pesci condotti da Istituti di Ricerca americani.
Un pescatore Filippino, a volto coperto
Oggi è però la domanda di pesce vivo nei ristoranti di Hong Kong e limitrofi, a dirigere uno dei business più lucrosi al mondo.
Il mercato del live reef fish in Asia determina un giro d’affari stimato intorno ad 1,2 miliardi di dollari, quasi tutti derivati dal consumo di sushi & co;
la sola Hong Kong importa oltre 20.000 tonnellate di pesce, che cucina a caro prezzo nei ristoranti più raffinati, dove gourmet asiatici sono disposti a pagare fino a 300 $ per le sole labbra del pesce Napoleone, uno dei più richiesti.
Seguono a ruota zuppe di fugu ( pesce palla ), sashimi di cernia ( le nostre Chromileptis altivelis e Cephalopolis miniata ) e quant’altro.
Classico esempio di acquario “orientale”.
In un’altra realtà, la nostra, il pesce vivo raggiunge prezzi ancora maggiori ma per il suo valore ornamentale, destinando i restanti 200 milioni di dollari al commercio dei pesci d’acquario.
Va da sé il motivo di tanto uso del cianuro che porta a guadagni facili ma anche alla distruzione delle barriere coralline.
Un pesce napoleone; labbra da mordere
Purtroppo oltre a creare danni ai pesci, le continue esposizioni dei reef a nuvole di cianuro causano la graduale morte dei polipi e delle alghe simbionte.
È l’ennesima causa di bleaching, la più grande piaga dei reef che sta portando allo sbiancamento e quindi alla morte intere scogliere di corallo.
Gli effetti del Cianuro; un reef completamente morto.
Il CRITC Team di Jakarta ( Coral Reef Information and Training Center) ha condotto interessanti esperimenti circa l’effetto cronico del cianuro a basse concentrazioni su Acropora, Pocillopora e Porites, riscontrando alle prime dosi una banalissima secrezione di muco.
Sono purtroppo le esposizioni a lungo periodo a creare i danni maggiori.
Le stesse colonie trattate nuovamente con cianuro a distanza di 4 mesi, sono morte nel giro di pochi mesi.
Il Dr. Richmond della University of Guam, indica Pocillopora damicornis come più sensibile, poiché se esposta a concentrazioni di 4 ppt sbianca in meno di quattro ore.
Pocillopora damicornis; un corallo molto sensibile al CN.
Delle altre specie esaminate, 9 su 10 sono comunque morte nell’arco di pochi giorni.
Il cianuro, chiamato “potash” o “pong” dai pescatori, è uno dei veleni più tossici conosciuti dall’uomo.
I pescatori spruzzano tra i coralli per stordire i pesci nascosti, spesso danneggiandoli.
La tossicità è dovuta allo ione cianuro (CN-), che combinandosi con il rame ed il ferro presenti nel sito attivo dell’enzima citocromo c ossidasi delle cellule; si parla di anossia istotossica.
Il cianuro inoltre riduce l’abilità nel nuoto ed interferisce con le capacità riproduttive (sterilità, deformità ).
La maggiorparte dei pesci muore all’istante, in particolare i pesci più piccoli ed i giovanili.
Penetrando all’interno del pesce tramite inalazione, assorbimento epiteliale o ingestione, ne causa il soffocamento tramite sequestro di ossigeno dalle vie metaboliche.
Quelli che inizialmente sopravvivono possono invece non manifestare segni di intossicazione per settimane o mesi, per poi morire solitamente in concomitanza alle prime somministrazioni di cibo, magari abbondanti.
La morte è infatti il risultato di una forte anomalia epatica, in cui le cellule parenchimali del fegato vengono rimpiazzate da grassi (steatosi epatica).
Da studi effettuati su Dascyllus trimaculatus esposto a dosi di 1-5 mg/l per 2 minuti, vengono evidenziate complicazioni a livello intestinale oltre a chiazze purulente su tutto il fegato (Bellwood 1981)
Dascyllus trimaculatus; come tutte le damigelle, è molto sensibile al cianuro
Un osservazione del genere permetterebbe anche ad un acquariofilo l’appurazione di un eventuale decesso da cianuro.
Ogni anno, si stima che 150.000 kg di cianuro vengano spruzzati da oltre 6000 pescatori tra i coralli delle Filippine.
Sottointendendo la impossibilità o quanto meno difficoltà nel sensibilizzare popolazioni con cultura differente dalla nostra e con gravi problemi economici, e viste le difficoltà ad applicare protocolli legislativi, cito alcune soluzioni a mio avviso interessanti e concrete: • Vari enti locali delle Filippine hanno aperto da tempo collaborazioni con le comunità di pescatori, proponendo metodi di pesca alternativi, ed aumentando i guadagni dei pescatori “cyanide-free”.
In questo modo sono già stati istruiti oltre 2000 pescatori.
Anche i pescatori possono trarre beneficio da metodi di pesca puliti.
• Da uno studio svolto dall’ Università di Ryukyu, (Lab. di Ecologia e Sistematica di Okinawa, Giappone), emerge la descrizione di un potenziale nuovo approccio volto a sviluppare un business del pesce vivo più sostenibile.
I pesci vengono catturati allo stadio larvale con “reti ad onda”, dopodiché le larve
vengono trasferite in acquario e lì accresciute.
Questo approccio offrirebbe sostanziali vantaggi nel campo dell’ acquariofilia dove si
ovvierebbe a stress e morti da cattura, garantendo inoltre un migliore adattamento alla
cattività • Il sito animalista Petstoreabuse propone invece, di limitare a monte il problema rendendo sostenibile l’hobby dell’acquariofilia marina acquistando dove possibile animali allevati o certificati.
L’acquariocoltura marina è infatti un settore in via di sviluppo che garantisce ormai
diverse specie riprodotte in acquario con successo tra cui diverse specie di pesci pagliaccio, pomacentridi, gobidi oltrechè cavallucci. Per le certificazioni il discorso è rivolto per il momento solo agli U.S.A. dove esiste il marchio del MAC (Marine Aquarium Council ) che, esposto nelle vasche contenenti pesci certificati, garantisce l’avvenuta cattura con semplici reti o altri metodi di pesca legali.
Il logo del Marine Aquarium Council.
Per quanto riguarda l’Italia invito almeno dove è possibile, a preferire sempre pesci allevati sperando che il motivo della eventuale differenza di prezzo sia stato inteso fra le righe di questa modesta ricerca.
Abbiamo molto potere inoltre contro l’esportazione di quelle specie assolutamente inadatte alla vita in cattività, da evitare per motivi etici più che tecnici.
Per chi ha interesse ho ancora alcuni dati e del materiale da fornire;
Non esitate a contattarmi!! ( falcoalessandroCHIOCCIOLAgmail.com) |