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Pesci Dolce

Il guppy, dalle origini agli esemplari da concorso

23/12/20140

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Il guppy lo conosciamo tutti, tutti lo abbiamo allevato e riprodotto, a tutti hanno insegnato che è il pesce da principianti per eccellenza eppure quante sorprese e quante sfide ancora ci riserva.
Questo articolo vuole presentare prima una breve storia del guppy, dalle origini ai giorni nostri, descrivendo i più importanti cambiamenti che le forme di allevamento hanno avuto. Quindi vuole spiegare i metodi utilizzati per creare nuove varietà ed esemplari da concorso e la genetica delle colorazioni e forme di pinne più comuni. Infine vuole anche essere una guida per tirare su guppy più sani, dato che oramai nostri poveri guppy, da veri pesci carroarmato, si sono trasformati in creature delicate e sensibilissime che richiedono cure ed esperienze non certo da principiante.

La scoperta del guppy

Il compleanno scientifico del guppy è il 9 giugno 1859, quando l’ittiologo Peters del museo ittiologico di Berlino lo descrisse come una nuova specie di Leptocephalus partendo da esemplari conservati -tutti di sesso femminile- e originariamente pescati in Venezuela. Il fatto che Peters abbia descritto solo femmine contribuì non poco alla successiva confusione nella classificazione di uno dei pesci da acquario più comuni. La seconda tappa della storia del guppy è a Torino, dove il prof. Filippo de Filippi descrive Lebistes poecilioides come specie a sé stante partendo da esemplari di sesso maschile raccolti nelle Barbados. Infine, nel 1866, Guenther descrive gli esemplari spediti dal reverendo John Lechmere Guppy e catturati a Trinidad come una nuova specie: Girardinus guppyi.
Quel lontano giorno del Dicembre 1908, quando i primi esemplari vivi arrivarono nella serra della ditta Siggelkow di Amburgo, vennero indicati come Girardinus guppyi e da lì il nome guppy si stabilì tra gli appassionati. I primi guppy che arrivarono vivi in Europa erano solo 25 pesciolini, tra i quali solo 3 maschi. Ma conoscendo i guppy e la loro passione per il sesso… si sarebbero moltiplicati presto. Infatti, i primi guppy nati in cattività videro la luce poco prima del Natale 1908. Nessuno allora poteva sospettare quale potenziale genetico celassero e cosa gli acquariofili sarebbero stati in grado di creare partendo da quei piccoli pesciolini che oggi giudicheremmo insignificanti. La storia del guppy, come tante altre storie esaltanti, cominciò in sordina.
Ad essere precisi, i primi guppy vivi arrivarono in Italia e per la precisione nel 1861 a Torino portati da padre Ermenegildo Arnaboldi di Tremezzo e furono poi classificati dal prof. Filippo de Filippi del Museo di Storia Naturale (due nomi questi veramente da commedia dell’arte!). Ma il ceppo si perse -probabilmente furono tutti sacrificati e conservati da Filippi- per cui i primi veri progenitori dei nostri guppy sono quelli di Amburgo anche se ovviamente molte altre spedizioni seguirono a quella prima.

I guppy selvatici

Al giorno d’oggi è estremamente difficile ricostruire l’areale originale di ditribuzione del guppy . Esemplari rinselvatichiti di guppy sono presenti in tutte le regioni tropicali e subtropicali, in parte perché introdotti come mezzo di lotta contro le zanzare ed in parte rilasciati da acquariofili o accidentalmente sfuggiti da allevamenti. I guppy selvatici sembrano gradire acque poco salubri, come quelle degli scarichi cittadini, e già Reagan scriveva nel 1906 che a Trinidad i guppy erano particolarmente numerosi “nell’acqua sudicia e piena di schiuma che si raccoglie dai cortili delle case lungo il fiume”. Addirittura ci sono guppy nella Moskva (il fiume di Mosca) e nella regione del Reno, ovviamente solo in corrispondenza degli scarichi d’acqua calda delle industrie! I primi esemplari di guppy però furono pescati in Venezuela, nell’isola di Trinidad e nelle Barbados e la maggior parte dei lavori scientifici circa i guppy si riferiscono ai guppy di Trinidad. Si può quindi identificare la terra tipica del guppy con il Venezuela e la regione caraibica. I guppy selvatici sono molto diversi dai i nostri esemplari d’allevamento. In primo luogo sono decisamente più piccoli, circa delle dimensioni di un neon, e poi non hanno nulla che assomigli alle enormi pinne degli esemplari selezionati in acquario. La loro pinna caudale è rotonda e generalmente incolore o al massimo presenta degli accenni di prolungamento degli ultimi raggi inferiori e/o superiori. Anche la pinna dorsale è generalmente incolore. La livrea è molto variabile già nei guppy selvatici e prevede ocelli neri e macchie di colore variamente distribuite sul corpo. Anche le femmine selvatiche sono più piccole delle femmine addomesticate e non mostrano alcun colore.
È molto interessante osservare che anche i guppy rinselvatichiti (come quelli della Moskva) che originano indubbiamente da esemplari dalla coda grande, hanno forma e colori molto simili a quella degli esemplari selvatici, il che significa che i guppy sono in grado nel giro di relativamente poche generazioni di revertire a forme selvatiche. Questo che spiega perché sia necessaria una selezione così stringente per mantenere le forma di allevamento e spiega anche perchè gli allevatori professionisti di guppy non si stancano mai di dire: mescolate guppy di ceppi diversi e lasciateli a sé stessi per alcuni anni e vi ritroverete con guppy selvatici!

Un po’ di storia

Non ci misero molto gli allevatori tedeschi a rendersi conto della prolificità e malleabilità dei guppy. Partendo da animali con prolungamenti delle raggi inferiori e/o superiori della pinna caudale presto nacquero le varietà a spada inferiore, spada superiore e doppia spada.

Guppy spada superiore.
Guppy doppia spada.
Guppy spada inferiore.

Nonostante molti credano che queste varietà siano più recenti e più rare (perché ormai vengono allevate solo per i concorsi) sono in realtà ben più antiche dei coda a triangolo che vediamo solitamente nei negozi.
La prima esposizione di guppy ebbe luogo già a Lispia nel 1911, ma per tutto il periodo sino alla seconda guerra mondiale i guppy erano più che altro pesci da principianti senza molte pretese e dopo l’interesse iniziale rimasero un po’ da parte mentre gli acquariofili “seri” si occupavano di altri pesci. Questa atteggiamento è ancora predominante in Italia ma è del tutto immeritato, perché nessun altro pesce consente all’allevatore di lavorare in maniera così creativa e al contempo scientifica e perché per nessun altro pesce si conoscono così tanti dettagli della genetica legata alle forme ed ai colori. Comunque, l’interesse per i guppy riesplose nella metà degli anni ’50. I primi allevatori americani avevano cominciato a cercare di produrre guppy di taglia sempre più grande –un’ossessione che non li ha mai più abbandonati- e tra questi Paul Hänhel, un immigrato tedesco stabilitosi a New York, scoprì per primo la combinazione genetica necessaria a creare i guppy con la coda a velo. I primi coda a velo furono esposti in Europa nel 1954 ad Hannover quando si organizzò la prima esposizione internazionale del guppy. Immaginate la sorpresa e lo stupore di chi vide per la prima volta qui pesci che ora così bene conosciamo. Quelle enormi code svolazzanti così diverse dai doppia spada ai quali erano abituati gli europei. Da allora la febbre del guppy non si è mai più fermata e la ricerca e il perfezionamento di nuove varietà continua, con i centri storicamente più attivi in America, in Germania e in Russia (in particolare a Mosca). Partendo dalle mutazioni geni filigran e viridis sono nati gli snakeskin e i green Cobra. Il gene nigrocaudatus ha dato origine agli Half-black mentre da mutazioni recessive venivano fissati i gold e più tardi gli albini. Infine, i primi coda a ventaglio, con un angolo di circa 45°, sono diventati i moderni coda a triangolo con la coda che forma un angolo di 70° e più. Più tardi la passione per il guppy è arrivata in Giappone che ha prodotto varietà particolarissime e negli ultimi anni anche i brasiliani (favoriti dal clima tropicale) hanno cominciato a produrre esemplari da concorso di alta qualità.
Nell’anno 1996 si è tenuto il primo World Guppy Contest a Osaka in Giappone che ha riunito allevatori americani, giapponesi ed europei (per lo più tedeschi) e l’anno successivo è nata la World Guppy Association che riunisce i club americani, europei, brasiliani e giapponesi. A settembre di quest’anno, i primi pesci creati in Italia da membri dell’Italian Guppy Club sono stati presentati al World Guppy Contest di Praga ed anche l’Italia è ufficialmente entrata nel mondo del Guppy Show.

Due dei primi guppy italiani prensenti al WGC tenutosi a Praga nel 2001. Il guppy di sinistra, un doppia spada cobra green apparteneva a Piergiorgio di Filippo, mentre il guppy di destra, un mosaic doppia spada, apparteneva a Marco Rosetti. Foto archivio AP.

Si attende ancora che i russi -che storicamente sono stati in grado di generare alcune tra le varietà più spettacolari di guppy e che in generale sono abilissimi allevatori di tutte le specie d’acqua dolce- riescano ad associarsi e facciano uscire dai loro confini i loro meravigliosi pesci.
Mentre sempre nuove varietà venivano create in varie parti del mondo, il baricentro della produzione commerciale dei guppy si spostava sempre più verso oriente. Gli orientali, prima a Singapore e quindi in Thailandia e Sri Lanka, hanno trasformato nei decenni l’allevamento dei guppy in una vera e propria forma di acquacultura intensiva. E qui arriviamo ai giorni d’oggi con il guppy che da pesce quasi immortale “a prova di principiante” ha preso due vie diventando da una parte un esclusivo animale da esposizione e dall’altra –a causa della coltivazione intensiva- si è trasformato in animale sensibile e delicatissimo con il quale tutti prima o poi hanno avuto cocenti delusioni.

Perché i guppy muoiono così facilmente?

Il fatto che i guppy siano diventati animali da mediamente delicati a delicatissimi e che importatori, negozianti e appassionati debbano sostenere una notevole mortalità è una realtà evidente come la luce del sole. Meno chiare sono le ragioni di queste ecatombi.
In primo luogo, gli incroci tra consanguinei necessari per la selezione di nuove verità e il miglioramento delle varietà già esistenti ha indubbiamente contribuito ad indebolire il guppy. Lo stesso vale per le enormi pinne di alcune varietà e per le taglie spropositate che questi pesci raggiungono e che stressano la fisiologia di pesci fatti dalla Natura per essere molto più piccoli. Ma questa non è che parte -e forse neanche la parte più importante- della storia. In fondo il fenomeno degli incroci tra consanguinei è comune a tutti i pesci d’allevamento, ma per nessuna specie i suoi presunti effetti sono stati così devastanti come per il guppy.
Il vero problema nasce come conseguenza delle condizioni di acquacultura intensiva. Spesso quando l’uomo ha cominciato ad allevare in maniera intensiva una specie animale ha osservato la comparsa di nuove forme infettive associate agli animali allevati (il carbonchio e l’encefalopatia spongiforme bovina “mucca pazza” sono i due esempi più noti) e il guppy non fa eccezione. Il guppy -contrariamente alle credenze diffuse- è un pesce poco produttivo. Ogni femmina al massimo produce una settantina di avannotti al mese e questi sono commerciabili non prima dei quattro-cinque mesi d’età. Se si pensa ai pesci ovipari, questi possono produrre centinaia e centinaia di uova ogni settimana e sono quindi molto più produttivi. Dati i costi delle spedizioni transoceaniche, per rendere l’allevamento del guppy commercialmente vantaggioso è necessario sviluppare una acquacoltura di tipo intensivo. In seguito all’introduzione della coltivazione intensiva sono nate forme infettive –scientificamente poco caratterizzate ma i cui effetti sono noti a tutti- che una volta stabilitesi sono diventate difficili da eradicare, e anzi si diffondono in forma epidemica. In modo particolare, una variante della malattia colonnare sembra essere associata ai Pecilidi ed ai guppy. Altre teorie chiamano in causa un “AIDS dei guppy” che indebolisce il sistema immunitario e li rende sensibili a qualunque malattia. Che il problema non sia solo genetico è dimostrato d’altronde dal fatto che guppy di fresca importazione possono procurare ecatombi in vasche di guppy che sino ad allora erano stati sani. Se a ciò si aggiunge lo stress del viaggio ed il fatto che alcuni allevamenti asiatici allevano i lori pesci in acqua salmastra, con compresibile shock dei pesci una volta trasferiti in acqua dolce, il quadro è completo. Spesso arrivano nelle nostre vasche guppy fortemente debilitati e che sono stati esposti, o sono portatori, di agenti infettivi mortali.
In attesa di tempi migliori, per essere sicuri di avere guppy sani è necessario rivolgersi a negozianti che effettuano una rigorosa quarantena o addirittura li riproducono da soli (cosa sempre più comune dati i problemi succitati) oppure riprodurli partendo da ceppi selezionati. E qui si entra nel complesso mondo della riproduzione dei guppy.

La riproduzione dei guppy

Prima di cominciare a riprodurre i guppy bisogna avere bene in mente quale è l’obbiettivo che si prefigge. Molto diverse sono le tecniche necessarie nei diversi casi. Si vuole semplicemente avere dei guppy sani? Si vuole mantenere le caratteristiche di una linea già esistente? O addirittura si vuol provare a creare una nuova varietà? Analizziamo quindi le diverse possibilità.
Mai come nel caso dei guppy, assolutamente fondamentale per una buona riuscita della riproduzione è la scelta dei riproduttori.

Scelta dei riproduttori

Prima di tutto è necessario scegliere animali sani che non abbiano alcun tipo di difetto. In modo particolare è da studiare la colonna vertebrale. I pesci devono essere dritti come frecce. In nessun caso devono essere utilizzati per la riproduzione animali con la colonna vertebrale anche solo lievemente incurvata. I maschi devono essere in grado di portare bene le loro pinne e non devono piegarsi sotto il loro peso. Le femmine devono essere grandi e ben rotonde. In un gruppo di animali vanno sempre scelti i più vitali ed attivi. I pesci devono schizzare per la vasca quando si dà loro da mangiare e devono attivamente corteggiare le femmine. Evitate anche animali con la pinna caudale sfrangiata o dalla forma palesemente irregolare perché questo difetto si amplificherà poi nella prole. Questo è tutto quello che è necessario sapere per allevare dei meticci.
Se invece si ha voglia di allevare guppy di razza pura, o addirittura esemplari da concorso, la scelta del materiale genetico di partenza è il fattore in assoluto più importante nel determinare il successo o meno degli sforzi dell’allevatore. Così come neanche il miglior cuoco può cucinare bene un pesce marcio, neanche il migliore degli allevatori può creare esemplari di qualità partendo da materiale genetico scadente. Per contro, se si acquista un ceppo di alta qualità persino un principiante meticoloso può produrre non sono dei buoni pesci, ma addirittura pesci che non sfigurano ai concorsi, come dimostrato da Marco Rosetti e Piergiorgio DiFilippo che, partendo da pesci acquistai al WGC del 2000, hanno presentato al campionato del mondo di Praga pesci che hanno ottenuto punteggi dignitosi. Mai come in questi casi “chi più spende meno spende”: un bravo allevatore vi saprà dire da dove viene il ceppo che alleva, quali sono le sue particolarità, da quante generazioni lo alleva, e soprattutto quanto riproducibili sono i risultati della riproduzione, cioè quanto geneticamente stabile è il ceppo. Bravi allevatori riescono a creare ceppi che sono molto uniformi e stabili ed un principiante dovrebbe cominciare con questi ceppi che corrispondono a varietà “classiche” che non richiedono un costante sforzo nella selezione di riproduttori. Varietà “nuove” sono geneticamente instabili e possono degenerare nel giro di poche generazioni se messe nelle mani di persone poco esperte. Varietà geneticamente più stabili come i doppia spada o gli snakeskin, nelle quali i caratteri dei genitori vengono trasmessi a quasi tutti i figli, sono quelle consigliate per il principiante. Se si decide di acquistare pesci da allevatori europei o americani (tramite Internet, o in occasione di un viaggio all’estero), i risultati conseguiti dall’allevatore nei concorsi sono una misura oggettiva delle sue qualità e conviene quindi scegliere una varietà che quel determinato allevatore ha presentato con successo per anni rispetto ad un’altra varietà dello stesso allevatore che però non ha mai avuto successo. Un allevatore serio sarà ben felice di rispondere a tutte le vostre domande sulle particolarità fisiche e genetiche della linea che volete acquistare e queste informazioni ben valgono il prezzo molto elevato che alcuni esemplari di razza pura hanno se confrontati con i guppy commerciali. Anche i membri dell’Italian Guppy Club hanno a disposizione alcune linee di razza pura, anche se la scelta è per ora limitata.


Una bellissima coppia di guppy spada inferiore, fotografata all’ultimo WGC di Norimberga. Foto archivio AP.

Molto importante è anche l’età dei riproduttori. Conviene prendere pesci giovani di non più di 4-5 mesi d’età che sono molto più attivi sessualmente di esemplari anziani. Gli show guppy in modo particolare hanno la tendenza a diventare sterili dopo una certa età e quindi è consigliabile acquistare esemplari che ancora non hanno raggiunto le dimensioni massime rispetto ad esemplari da concorso che hanno già raggiunto la taglia massima (questo discorso non vale per i doppia spada che sono molto più longevi ed attivi di altri ceppi).

Riproduzione causale

Questa è la riproduzione dei guppy “classica”. Non c’è molto da dire a riguardo. I pesci (spesso meticci o comunque di varietà diverse) vengono messi in una vasca li si lascia fare liberamente. Se la vasca è ben piantata, un certo numero di piccoli sopravviverà sempre, almeno sino a quando la densità degli adulti non è troppo elevata. L’unico difetto di questo modo di riproduzione è che c’è poco o nessun controllo sui risultati. Possono nascere pesci bellissimi oppure pesci molto poco soddisfacenti dal punto di vista estetico. Per ottenere un controllo maggiore è consigliabile isolare alcune femmine appena sono riconoscibili come tali (in generale attorno al mese d’età) per accrescerle separatamente. Quando queste saranno semiadulte, si possono pescare i maschi più belli e lasciarli con le femmine per una settimana e quindi si reintroducono le femmine nella vasca comune in modo che partoriscano lì. Prima di introdurre le femmine però bisogna aver venduto o regalato gran parte dei pesci adulti e semiadulti della vasca principale in modo da dare la possibilità agli avannotti di crescere; oppure si accrescono gli avannotti separatamente. Siccome si parte da animali meticci e di varietà diverse, utilizzando più maschi e più femmine per la riproduzione si riducono al minimo gli incroci tra consanguinei mantenendo alta la variabilità genetica. Questo metodo può permettere quindi di allevare guppy per parecchie generazioni senza che abbiano luogo degenerazioni. Il difetto è che non è assolutamente possibile prevedere lo sviluppo che avrà l’allevamento ed alla lunga i pesci possono revertire ad un fenotipo di tipo selvatico con coda rotonda, pinna dorsale piccola e trasparente e colori meno accentuati (che poi questo sia un difetto dipende ovviamente dai punti di vista personali)

Riproduzione di gruppo

Questo metodo può essere utilizzato per mantenere ceppi che siano già molto stabili. Si allestisce un acquario da 40-60 litri per cinque coppie o 3-4 maschi e 5-6 femmine. L’acquario è ben piantata per consentire agli avannotti di ripararsi in modo particolare con grossi ciuffi di Vescycularia e piante galleggianti. Tutti gli avannotti che si riescono a pescare vengono accresciuti in una vasca a parte. Particolarmente importante è separare i maschi dalle femmine in modo da avere femmine vergini. Quando gli avannotti sono semiadulti, si rimpiazzano i genitori con le solite cinque coppie o 3-4 maschi e 5-6 femmine e si fa partire la seconda generazione. E’ importante rimuovere anche tutti gli avannotti nati dai primi genitori per non sovrapporre le generazioni. Questo sistema evita incroci tra consanguinei troppo stretti e consente di mantenere stabile una linea per molte generazioni senza andare incontro a degenerazioni genetiche. Questo metodo è applicabile solo se si ha a disposizione un ceppo geneticamente stabile, in modo che ad ogni generazione sia sempre possibile selezionare almeno 3-4 maschi di ottima qualità. Questo metodo è del tutto inadeguato per migliorare o addirittura modificare le caratteristiche di una linea che può essere ottenuta solo tramite riproduzione per linee.

Riproduzione per linee

La riproduzione per linee rappresenta il metodo d’elezione per creare e mantenere le linee di show guppy. Come spiegato all’inizio, se si lasciano riprodurre liberamente gli animali di una linea senza alcuna selezione questi andranno sempre più verso una forma selvatica. Questo fenomeno è tanto più accentuato quanto più la linea è selezionata. Semplicemente il mantenere le caratteristiche di un ceppo è un lavoro che richiede metodo e disciplina ed è ciò che rende la selezione dei guppy così difficile.
Il metodo della riproduzione per linee è molto impegnativo ma permette di mantenere stabile e migliorare per anni (se non decenni) un ceppo senza che ciò comporti un indebolimento genetico. Facciamo un esempio pratico. Viene acquistato un trio (1 maschio più due femmine) di show guppy di una linea pura. Una volta avvenuta la fecondazione, i piccoli nati dalle due madri vengono accresciuti in vasche separate. Questa è la nascita di due linee separate. All’interno di ciascuna linea i maschi e le femmine vengono mantenuti separati sino alla maturazione sessuale. È assolutamente fondamentale non mescolare mai le due linee, che vanno trattate come se fossero due ceppi distinti. Ad ogni generazione, si sceglie il maschio migliore di ogni linea e lo si accoppia con la femmina più grande e vitale della sua linea. Le due linee devono svilupparsi in maniera il più possibile simile, ma rimanere tassativamente separate. Trascorse 5-7 generazioni, si incrociano gli animali di una linea con quelli dell’altra. Se l’allevatore ha lavorato in maniera corretta, le due linee sono quasi indistinguibili dal punto di vista fisico, ma ovviamente il loro grado di parentela è molto basso. Quindi l’incrocio porta “nuovo sangue” in ognuna delle due linee rinforzandole senza cambiare però il loro aspetto fisico.
Di questo metodo esistono innumerevoli variazioni ed alcuni allevatori possiedo anche tre o quattro linee dello stesso ceppo. In modo particolare se è un ceppo geneticamente instabile. È anche possibile dividere un ceppo in una parte che si porta avanti seguendo la riproduzione di gruppo e che serve come “back-up” ed una seconda linea nella quale vengono effettuate le selezioni. E’ però un metodo meno sicuro. In generale, questo metodo permette di migliorare una linea già esistente sino a portarla sempre più vicina all’ideale dell’allevatore. La creazione di nuove varietà richiede invece il backcrossing.

Backcrossing

Può accadere che all’interno di un gruppo di fratelli compaia un maschio con una mutazione che l’allevatore giudica interessante (ad esempio un maschio tutto giallo) e che intende fissare. Per fare questo si incrocia il pesce con una sua sorella, poi con una figlia ed infine (se possibile) con una nipote. Se si è lavorato correttamente, ad ogni incrocio la percentuale di pesci con le caratteristiche desiderate aumenta sempre di più. Una volta fissata la caratteristica desiderata si prosegue con la riproduzione per linee. Assolutamente da evitare è l’incrocio di ceppi diversi.

Incrocio di ceppi diversi

Incrociare guppy di ceppi e colorazioni diverse è, né più e né meno, come incrociare cani di razze diverse. Non credo che nessuno incrocerebbe volontariamente un alano con un maremmano o un pastore tedesco con un setter. Ancora meno si incrocerebbe un cane di razza con un meticcio. Quindi, se entrate in possesso di un ceppo di razza pura, per nessuna ragione al mondo incrociatelo con dei meticci commerciali perché si perderebbero tutte le caratteristiche della linea. A questo riguardo voglio fare un esempio. Io possiedo una linea di snakeskin selezionati in Israele. Durante un mio viaggio, in un negozio di Tallin acquistai due meravigliosi maschi di snakeskin di provenienza russa ma purtroppo non c’erano femmine disponibili. Questi maschi erano superiori ai miei maschi isrealiani ed avevano una filigrana finissima, ma il risultato dell’incrocio fu una catastrofe. I pesci che nacquero avevano tutti le pinne a forma di U, una specie di bruttissimi doppiaspada. Evidentemente i due ceppi, pur avendo colorazioni molto simili, utilizzavano geni diversi per formare la coda a triangolo e l’incrocio non era possibile.
L’incrocio tra linee diverse rimane il metodo principale attraverso il quale gli allevatori più esperti creano nuove razze ma rimane, per l’appunto, cosa riservata agli allevatori più esperti. Il principiante avrà già sufficienti difficoltà a mantenere stabili le caratteristiche di una linea pura di alta qualità.


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