Ogni acquario, purtroppo, sarà soggetto prima o poi a qualche problema, in particolare ci riferiamo ai problemi dell’acquario appena avviato. Non dimentichiamo che all’interno di quei cinque vetri stiamo forzando un pezzetto di natura in un ambiente ridotto. Per quanto possiamo essere preparati, esperti e attenti non avremo mai le capacità di Madre Natura dunque è relativamente semplice che qualcosa ci sfugga di mano. In questa parte vedremo alcuni dei problemi più comuni che affliggono da sempre gli acquariofili e, se non riusciremo ad evitarli, potremo almeno imparare a limitarne i danni. I nitriti (NO2) Per il passaggio 1, dall’ammonio/ammoniaca ai nitriti, sono responsabili i batteri del gruppo Nitrosomonas. Essi innanzi tutto trasformano i rifiuti iniziali dei pesci e gli avanzi di cibo in un prodotto intermedio, i nitriti. E questi nitriti sono altamente tossici per i pesci. I pesci tollerano appena contenuti di nitriti fino a 0,2 milligrammi per litro (mg/l) d’acqua. A partire da 0,5 mg/l la situazione si fa critica. 2,0 mg/l di NO2 a lungo termine risultano letali per i pesci. Come termine di paragone, i nitrati (NO3), il prodotto di riciclaggio finale nell’acqua dell’acquario, vengono tollerati dai pesci fino a concentrazioni di circa 100 mg/l. La normativa CEE sull’acqua potabile permette un tasso di NO3 nell’acqua di rubinetto di 50 mg/l. Per ulteriore ossidazione dei nitriti è responsabile un’altra famiglia di batteri, i cosiddetti Nitrobacter. Il problema in acquario sta nel fatto che entrambi i gruppi di batteri si devono sviluppare al più presto possibile in quantità sufficienti. Purtroppo però, la prima famiglia di batteri, le specie di Nitrosomonas responsabili del processo di decomposizione fino ai nitriti, si sviluppa più rapidamente del secondo gruppo. In questo modo può accadere che i batteri Nitrosomonas producano più nitriti di quanti i Nitrobacter, non ancora numerosi, ne riescano in un primo momento a ossidare. Si crea per così dire una discarica di nitriti in acquario, con tutte le conseguenze spiacevoli che ciò comporta. alcuni Autori per questo motivo consigliano agli acquariofili principianti di attendere circa tre settimane prima di effettuare l’introduzione dei pesci così da aggirare in maniera ingegnosa queste difficoltà iniziali. Invece, i batteri per moltiplicarsi hanno bisogni di nutrimento, quindi di feci, urina e residui di cibo. Se dunque si attendono tre settimane, anche il processo di moltiplicazione dei batteri desiderati inizia solo tre settimane più tardi. Semplicemente posticipiamo il problema dei nitriti. Somministrando quel pizzico di cibo per pesci nei primi giorni noi forniamo nutrimento a questi microrganismi che avranno dunque modo di svilupparsi al meglio. Se si registra un tasso troppo alto di nitriti nell’acqua, si deve immediatamente procedere al ricambio di circa la metà del volume d’acqua. Sarebbe bene cambiare fin da subito, per quattro settimane, regolarmente ogni settimana l’acqua per circa un terzo del contenuto della vasca. Nel caso in cui la situazione sia articolarmente grave, si potranno inserire, nell’ultimo vano del filtro, delle resine che tratterranno i nitriti e purificheranno l’acqua. Alcuni introducono nei nuovi acquari una manciata di materiale di fondo proveniente da un acquario più vecchio oppure inseriscono nel nuovo filtro un pò di materiale filtrante di un filtro gia avviato da un pò di tempo, inoculando così i batteri desiderati. Il crollo del PH Se la durezza carbonatica è troppo bassa, 1 o 2 gradi dH, si deve fare attenzione perché tramite certi processi chimici anche un elevato tasso di nitrati può ridurre il contenuto di carbonati. Se per esempio l’acqua ha una durezza carbonatica di appena un grado dH, mediante un ulteriore apporto di un pò di acido, per esempio acido carbonico, acido citrico, o anche in caso di elevato contenuto di nitrati, è facile che il valore scenda a 0 gradi dH in quanto la scarsa presenza di carbonati non riesce a tamponare adeguatamente l’impennata di acidi. In questo momento anche il valore pH può scendere dal livello neutro di 6 o 7 a un pH di 4 o addirittura inferiore. E questa è nuovamente una situazione pericolosa e spesso letale per i pesci. Soprattutto ricordiamo che i substrati costituiti da terre allofane (akadama) tendono ad assorbire una grande quantità di sali, rendendo ancora più rapido il crollo della durezza. Se si registra una durezza carbonatica troppo bassa, si può intervenire anche in questo caso con dei cambi d’acqua oppure aggiungendo compresse tampone generatrici di KH. Le alghe Le alghe sono una delle costanti del nostro hobby, ce ne accorgiamo quando le colonie diventano infestanti ma sono presenti in tutte le acque del pianeta e le nostre vasche non fanno eccezione. Sono organismi pionieri, i primi che nascono in nuovi ambienti sommersi, i primi che ricoprono le superfici e che assorbono i nutrimenti disciolti, producono enormi quantità di O2 consumando anidride carbonica, formano la base del nutrimento per le creature superiori nel plancton, diventano sostentamento per le larve di pesci e invertebrati, insomma sorreggono tutti gli ecosistemi acquatici. alcune di esse (appartenenti alle alghe verdi) sono un sicuro indice del buon funzionamento dell’acquario. Dal punto di vista scientifico quelli che comunemente vengono chiamati “alghe” sono degli organismi vegetali che fanno parte della divisione Thallophyta. Questa divisione, secondo la tradizionale tassonomia, è la seconda subito dopo la divisione Schizophyta (comprendenti principalmente i batteri) e riunisce in sé forme vegetali molto diverse: le alghe, i funghi e i licheni. La classificazione delle alghe, come del resto anche degli altri vegetali appartenenti alla divisione delle Tallofite, è comunque ancora oggi assai discussa. A dimostrazione di ciò basta ricordare che, secondo alcuni scienziati, il numero delle specie di alghe si aggira intorno a 19.000, secondo altri invece supera addirittura le 30.000 specie. Queste discordanze numeriche sono in parte spiegabili con il fatto che certi vegetali, annoverati sotto la voce generica di alghe (prima di tutto le alghe blu-verdi = Cyanophyceae), vengono più o meno compresi nella classificazione delle vere alghe. Dal punto di vista dell’acquariofilo, i problemi di tassonomia hanno un’importanza relativa anche se, in certe occasioni, quando si tratta di combattere le alghe infestanti, non si può fare a meno di ricorrere ad una classificazione anche se approssimativa. Molte alghe sono unicellulari, altre invece pluricellulari, altre, infine, formano delle colonie costituite da più cellule singole ma ravvicinate tra loro. Le alghe pluricellulari non formano tuttavia organi complessi come fusto, radici e foglie, caratteristici delle cosiddette “piante superiori”, ma i loro pseudotessuti vengono chiamati tallo dal greco “Thallos” che significa germoglio. Tutte le alghe possiedono clorofilla e di conseguenza sono in grado di procedere alla fotosintesi. Malgrado queste caratteristiche comuni le alghe non compongono, dal punto di vista tassonomico, un gruppo compatto di vegetali ma, per diversi motivi, devono essere suddivisi in gruppi più o meno indipendenti e a volte anche isolati tra di loro. Fra i criteri principali usati per dividere le alghe è la loro colorazione. Infatti, al contrai-io delle piante superiori, le alghe presentano varie forme di clorofilla e in molti casi questa clorofilla è inoltre mascherata da pigmenti di altri colori (giallo, bruno, rosso) dando così alle varie forme una gamma di colori assai differenti. Per l’acquariofilo è importante anche la riproduzione delle alghe che può avvenire senza l’intervento di gameti (riproduzione asessuata) o con l’unione dei gameti (riproduzione sessuata). La riproduzione asessuata è caratterizzata dalla scissione del tallo (dai frammenti si formano nuovi individui completi) o dalla produzione di spore all’interno dei cosiddetti sporangi. In genere queste spore, dopo la rottura dello sporangio, si muovono per mezzo di flagelli e finiscono su un substrato dove danno vita a una nuova alga. La quantità delle spore prodotte da una singola alga è sempre molto elevata, a differenza per esempio dei batteri che possono produrre una sola spora. La riproduzione sessuata avviene con la formazione dei gameti che si uniscono formando uno zigote. Le alghe vivono principalmente in tutte le acque, sia dolci che marine; solo alcuni specie sono presenti sulla terraferma, in ambienti particolarmente umidi. Come nelle piante superiori il metabolismo delle alghe è caratterizzato dalla fotosintesi durante la quale si forma dello zucchero che in alcune alghe viene condensato in amido (per esempio nelle alghe verdi). Le alghe assorbono inoltre acqua e sali nutritivi attraverso tutta la superficie del loro corpo. Le specie più piccole spesso sono vaganti nell’acqua e si muovono con l’aiuto di flagelli. Le specie macroscopiche di solito si fissano sul substrato e per questo motivo alla base del tallo sviluppano a volte speciali cellule allungate, chiamate rizoidi (dall’acquariofilo individuate erroneamente a volte come radici). Proviamo quindi a considerarle non un nemico da debellare ma una parte integrante del sistema acquario. Come detto costituiscono il nutrimento principale per molte specie di pesci d’acquario, dagli alghivori superficialmente chiamati “pulitori”, ai grandi ciclidi dei laghi africani che si nutrono di “Afwuchs” (sedimento di plancton e alghe), fino ai maestosi discus che in natura nella stagione secca ingoiano grosse quantità di sedimenti per estrarne il contenuto di diatomee e alghe unicellulari. E’ inoltre dimostrato che la dieta ottimale per tutti i pesci prevede una componente vegetale, possiamo spesso osservare i nostri ospiti sbocconcellare foglie e arredi proprio in cerca delle alghe che con tanto impegno abbiamo cercato di togliere. sono anche “organismi-indice” ovvero dal tipo di popolazione rinvenuta possiamo dedurre i parametri chimico fisici dell’ambiente in cui crescono. Le alghe appartengono al gruppo vegetale delle Tallofite, insieme a batteri funghi e licheni, possono quindi essere scomposte in radici, fusto e foglie. Un’altra differenza con le piante consiste nella mancanza di differenziazione cellulare. svolgono, come le piante la fotosintesi grazie alla clorofilla contenuta nei Cloroplasti e in altri pigmenti. Si tende a suddividere le alghe in gruppi proprio in base al contenuti di un tipo particolare di pigmento. Come si è già detto precedentemente, le alghe si suddividono in numerose classi e, dal momento che la sistematica è assai discussa fra gli scienziati, è inutile sottolineare quanto possa essere problematico per un acquariofilo classificare un’alga che dovesse apparire nel suo acquario. Per questo motivo diamo quindi in seguito una suddivisione delle alghe dettata più da criteri di praticità che dal punto di vista sistematico. Andiamo quindi a definire i vari tipi di alghe escludendo dapprima la classe dei cianobatteri che evidentemente è estranea alla classificazione. Passiamo poi a descrivere le diatomee ed in seguito distinguiamo le alghe brune dalle verdi. In realtà la classificazione scientifica è molto più complessa e si basa sulla complessità cellulare e i 15 differenti tipi di pigmenti sfruttati dalle alghe, noi per semplicità ci limiteremo ad illustrare quelle più comunemente ospitate nei nostri acquari. Cyanophita (Cianobatteri) Note particolari: Appartengono alla grande famiglia del fitoplancton insieme a clorofite (coniugatoficee e cloroficee), diatomee, dinoficee e crisoficee. I cianobatteri comprendono organismi procarioti (batteri) fotosintetici con clorofilla. sono state classificate più di 200 specie, vi sono cianobatteri che vivono nei laghi antartici e altri che vivono nelle sorgenti termali. Queste alghe in realtà sono dei batteri fotosintetici e sono in grado di adattarsi molto bene a qualsiasi ambiente. Il loro nome significa alghe blu e verdi, ma in realtà si possono presentare anche con colori diversi quali il blu-verde, il nero e il rosso; hanno la consistenza del fango o poco più dense e a volte emanano un cattivo odore. La maggior parte dei cianobatteri sono unicellulari, ma sono in grado di riunirsi in colonie oppure in filamenti. Come cellula sono formati da un nucleo e da una doppia membrana, se si riuniscono in colonia si collegano attraverso le pareti cellulari oppure attraverso le guaine gelatinose. Anche se vivono in colonia ogni cellula continua a condurre vita propria. Per crescere non hanno solo bisogno di nitrati e ammoniaca, sono però conosciuti nella forma di acqua dolce per assorbire le sostanze azotate. In venti minuti sono in grado di raddoppiare la loro popolazione, infatti tutte le cellule, escluso gli eterocisti sono in grado di riprodursi, questo fa capire quali possono essere i danni in un acquario. Cause: in genere la causa principale della presenza di queste alghe è l’inquinamento dell’acqua, quindi abbondanza di cibo disciolto nell’acqua, avanzi di quest’ultimo, oppure troppi escrementi: abbondanza di nitrati e fosfati. La causa potrebbe anche essere troppo materiale in decomposizione sia animale che vegetale; a volte può capitare che la morte di un nostro ospite non ci crei troppi problemi e non si cerca neanche di togliere il cadavere dalla vasca o perché non si vede o perché è incastrato chissà dove, ma attenzione questo può creare variazioni repentini nei valori dell’acqua che possono dare problemi. Soluzioni: alle prime apparizioni bisogna agire tempestivamente e controllare i parametri dell’acqua e intervenire se necessario con dei cambi parziali di acqua. I valori dell’acqua da controllare sono: fosfati, nitrati, nitriti, ammoniaca. Aumentare l’ossigenazione non basta, usare antibiotici è sconsigliabile, almeno come prima risorsa, in quanto oltre ad uccidere i cianobatteri potrebbe uccidere i batteri del filtro e questo non è un nostro obbiettivo. Per ridurre ancora di più i fattori inquinanti sarebbe meglio far rispettare ai pesci e ad altri eventuali ospiti della vasca un periodo di digiuno. Se si tratta di un acquario tropicale sarebbe utile abbassare la temperatura fino a 23°-24°C; questo può essere una soluzione che funziona abbastanza bene per controllare la prolificazione del batterio. Attenzione che il batterio non può vivere assolutamente in acqua acide quindi sapendo quali sono i vostri ospiti nell’acquario comportatevi di conseguenza. Un sistema efficace può essere il seguente: Fare un cambio del 30 % con acqua osmotica e cerca di aspirare più cianobatteri che si può. Dopo di che, recuperare più alghe che si può con un retino a maglia fine, cercando di lasciarne il meno possibile!!! Una volta fatto questo, mettere una pietra porosa che sputi più aria possibile e dimezzare, o la potenza delle luci se si può, oppure le ore di illuminazione. Si può anche usare un alghicida se la situazione è disperata. Tutto questo per tre giorni. Passata una settimana dal cambio, si fa nuovamente lo stesso trattamento. Come ultima spiaggia si può ricorrere agli antibiotici. Questi vanno utilizzati come se si dovesse curare una batteriosi dei pesci. Attenendosi al dosaggio più basso possibile. Dopo il trattamento cambiare il 50% dell’acqua, filtrare per 72 ore con carbone attivo. Chromophita (alghe dorate) Note particolari: si contano all’incirca 500 specie di cui prevalentemente vivono in acqua dolce e costituiscono la maggior parte del nanoplancton e vengono usate per far crescere larve e molluschi. Sono organismi unicellulari flagellati che si riuniscono in colonie o in filamenti, le loro pareti sono di cellulosa o peptina con degli scheletri silicei che assumono forme molto particolari e belle da vedersi. Il loro colore principale è bruno o dorato, ma a volte possono anche essere trasparenti. Hanno bisogno di luce per sopravvivere poiché nella loro struttura sono dotati di clorofilla a e c. La presenza di acqua inquinata rende quest’alga un predatore. Cause: come prima il troppo inquinamento può essere una causa, l’altro può essere la troppa illuminazione. Soluzioni: come detto prima, e questo vale quasi per tutte le alghe, subito un controllo dell’acqua e se ci sono anomalie porre rimedio cambiando l’acqua parzialmente. Anche in questo caso potrebbe essere il troppo cibo somministrato allora bisognerebbe provvedere a un periodo di dieta dei pesci. L’inquinamento dell’acqua non è l’unica causa, può succedere che una errata illuminazione sia una delle cause, in questo caso è la scarsa illuminazione a dare problemi. Infatti se l’alga è già presente nell’acquario sotto forma innocua, se manca la luce può subire una trasformazione: atrofizza e diventa un predatore, quindi controllare le luci e il loro corretto funzionamento (siamo sicuri che le lampade sono pulite o è ora di cambiarle?). Se non riuscite a debellarle provate ad aumentare la corrente nell’acquario: non riescono a sopravvivere in acqua con forti correnti. Xantopyceae (alghe gialle verdi) Note particolari: questa classe di Chromophyta è costituita da circa 550 specie e per nostra fortuna il loro ruolo in acquario è scarso. In genere si presentano di colore verde. Sono alghe molto piccole e a volte è capitato che alcune alghe sono state osservate una volta e poi mai più. Contengono clorofilla c e formano colonie; il legame che unisce tra di loro due alghe è più forte di quello che tiene insieme le pareti dell’alga quindi se la catena si spezza si rompe l’alga e la catena termina con la tipica forma ad H; questo però è uno dei modi con cui la si può riconoscere facilmente al microscopio. In genere si presenta come dei lunghi filamenti, si procura il cibo attraverso la clorofilla: ha quindi bisogno di molta luce per poter crescere. Soluzioni: una scarsa movimentazione dell’acqua può essere una causa quindi aumentate la portata della pompa almeno momentaneamente. Bacillariophyceae (alghe silicee o diatomee) Note particolari: devono il loro nome alla membrana silicea composta da due parti chiuse come una scatola, all’interno, attraverso i motivi geometrici e affascinanti delle due tasche della membrana, si distinguono il nucleo e cromoplasti. questa classe di Chromophyta è costituita da circa 5600 specie, sono prevalentemente alghe unicellulari. Nella catena alimentare hanno un ruolo fondamentale in quanto costituiscono la parte principale del fitoplancton. Queste alghe una volta morte vengono usate per filtrare l’acqua dalle sostanze più piccole. Le pareti sono costituite da diossido di silicio quindi sono molto dure e resistenti. Queste alghe sono unicellulari e possono vivere in vari modi: formare le colonie, vivere sul fondo oppure in sospensione nell’acqua o come epifiti sulle piante. Colonizzano di frequente anche gli strati intermedi del fondo insieme ai cianobatteri in comunità fittissime che creano le tipiche stratificazioni scure nelle sezioni di fondo osservate dai vetri. Per vivere o hanno bisogno di luce oppure vivono in simbiosi con altri protozoi marini fornendo loro carbonio organico. Una volta morte la loro membrana di silicio rimane come uno scheletro vuoto che all’occhio umano appare come una sabbia finissima, è possibile utilizzare questa polvere di diatomee per caricare degli appositi filtri meccanici in grado di trattenere anche le particelle più minuscole. Cause: come detto nella loro struttura contengono silicio quindi un’alta concentrazione di questo causa un forte aumento della loro crescita. Solitamente compaiono negli acquari appena allestiti. Sono di colore giallognolo e vengono via molto facilmente se proviamo a toglierle con le mani. La crescita di cianobatteri può essere una causa dell’aumento di queste alghe in quanto fanno aumentare la concentrazione di silicio nell’acqua: i mali non vengono mai da soli. Quindi vedere anche i metodi per diminuire i cianobatteri che ci sono nell’acqua. Attenzione all’allestimento che si è fatto perché la sabbia di fiume contiene silicio e quindi se ne contiene troppo può essere un problema. Al più, se si scopre che la sabbia è veramente troppo ricca di silicio, è meglio provvedere a un riallestimento del fondo. Soluzioni: si deve provvedere subito alla diminuzione di concentrazione del silicio che se può essere misurato deve essere sotto 1 mg/l. Si può provvedere usando uno scambiatore di ioni oppure usando acqua demineralizzata in questo modo le diatomee scompariranno presto. Un altro modo efficace è l’introduzione di pesci quali Otocinclus affinis, plecostomus e ancistrus. Esemplari giovani di queste specie sono ghiotti di queste alghe. Phaephyceae Note particolari: questa classe di Chromophyta è costituita da circa 1500 specie, per la loro complessità si avvicinano di più ai protisti pluricellulari piuttosto che ai protisti unicellulari. Sono in realtà delle vere e proprie piante che possono raggiungere in mare dimensioni notevoli: 60 metri di lunghezza, cresce 60 cm al giorno. Un pigmento, la fucoxantina, che è di colore bruno, conferisce loro il tipico colore marrone. Questa è forse la maggior differenza con le piante di terra che non sono dotate di questo pigmento. Usata dagli uomini per produrre algina: uno stabilizzatore ed emulsionatore per alimenti, l’acido alginico è contenuto insieme alla cellulosanelle pareti cellulari. La fotosintesi è quella che permette loro di vivere infatti ricavano con essa grassi, mannite, lamminarina, polissaccardi e carboidrati. Cause: in genere non è una specie che si forma negli acquari di acqua dolce perché si hanno illuminazioni troppo forti e temperature troppo alte quindi non è esatto ne parlare di cause ne di rimedi. Soluzioni: Vale il discorso fatto per le cause. Dinophyceae (dinoflagellati) Note particolari: questa è un’altra classe di Chromophyta che comprende circa 2500 specie, sono ancora dei protisti unicellulari. Si pensi che in natura sono veramente un numero impressionante: un litro di acqua ne può contenere 200000 unità; sono quindi una componente fondamentale del plancton. In un acquario se contenuti nella giusta misura non si vedono neanche e sono anche utili. Dato che possono essere dotate di pigmenti molto diversi tra loro hanno una varietà di colore molto ricca si va dal giallo al marrone scuro, blu ,verde, ma a volte possono essere incolore. Le loro dimensioni possono andare da 0.01 a 2.0 mm. Compaiono come uno strato melmoso che ricopre qualsiasi cosa, attenzione che possono essere tossiche per i pesci e se avete le lumachine anche per loro. Cause: esse non crescono mai da sole, ma in compagnia delle diatomee, cianobatteri, alghe verdi e di quelle forme di alghe melmose. Soluzioni: cambiare parzialmente l’acqua non basta, si può provare con la sterilizzazione ultravioletti, ma per l’acquario dolce la soluzione migliore è la riduzione del fotoperiodo: lasciare spente per un giorno intero le luci nell’acquario e in seguito un fotoperiodo di 4 ore al giorno fino alla totale sparizione delle alghe, ciò sembra portare a livelli ragionevoli la loro presenza. Anche elevando il pH si può avere un effetto positivo si può portare il pH a 8.4-8.5 durante il giorno e a 8.2 durante la notte, nella speranza che siano valori compatibili con gli ospiti del vostro acquario. Rhodophyta (alghe rosse) Note particolari: le specie di queste alghe sono più di 4000 le quali si trovano soprattutto nelle acque tropicali e temperate. L’uomo le usa per fare la gelatina. le rappresentanti più famose in acquario sono le famigerate alghe a pennello del genere Rhodochorton. Sono le alghe più coriacee e difficili da debellare nelle nostre vasche, difficilmente gradite anche ai pesci ed agli invertebrati alghivori. Di colore verde oliva fino quasi al nero devono le loro sfumature alla clorofilla “a” che con i pigmenti (ficoeritrina e ficocianina) da loro il colore caratteristico; riesce ad assorbire le radiazioni verde, blu e violetta che penetrano più a fondo: infatti assorbono le radiazione che l’acqua non ha assorbito. Questo tipo di alga in acquario però vive nei substrati ben illuminati. A secondo dei pigmenti possono avere colore roseo, violetta, rosso, purpureo oppure bruno. Osservando i filamenti di queste alghe al microscopio notiamo dei rigonfiamenti bulbosi alle estremità, sono gli sporangi, maturando formano le spore che si staccano dal corpo dell’alga e vagano trasportate dalla corrente, quando la spora trova una superficie solida su cui adagiarsi inizia a produrre la cellula base. Questo tipo di riproduzione asessuata spiega la velocità di diffusione e la capacità di colonizzare tutte le superfici della vasca. Cause e soluzioni: per la loro grande sensibilità ai valori dell’acqua può essere che compaiano e scompaiano senza preavviso alcuno. Chlorophyta (alghe verdi) Note particolari: le specie di queste alghe sono più di 7000 e vi sono alghe acquatiche, altre vivono sulla superficie della neve, in licheni, sui tronchi e nel suolo. La maggior parte è di acqua dolce e la loro forte presenza nell’acqua dell’acquario può renderla di colore verde. Queste alghe possono essere o piccolissime oppure abbastanza grandi vi sono delle specie che possono raggiungere dimensioni di circa 25 cm di diametro e lunghezza 8 metri. Hanno clorofilla a e b e assomigliano moltissimo alle piante infatti sono dotati di parete rigida composta di polisaccaridi cellulosi. Le alghe verdi filamentose (Oedogonium e Ulothrix) appartengono a questo gruppo. In acquario è facile rimuoverle manualmente arrotolandole su dei bastoncini, gli alghivori le divorano con gusto e una buona circolazione dell’acqua ne previene l’accumulo. Sono tipiche delle vasche appena avviate dove possono essere interpretate come indicatori di buona qualità dell’acqua. E’ facile contrastarle con una folta vegetazione che ne limita la diffusione sottraendo i nutrimenti dalla colonna d’acqua. Anche le esplosioni di alghe che si verificano in vasche avviate da poco sono causate da alghe verdi. Il pulviscolo che si osserva in sospensione è il fitoplancton composto da alghe unicellulari. Soluzioni: è difficile da debellare, si può procedere con una eliminazione meccanica; una manola dà il controllo della concentrazione dei nitrati e dei fosfati. La riduzione del fotoperiodo ci aiutaa tenere sotto controllo l’alga. Acqua e nutrimenti Le alghe stentano in ambienti oligotrofici, esse infatti assorbono i nutrimenti disciolti nell’acqua, le nostre vasche dovrebbero appartenere a questo tipo di ambiente, ma una sovralimentazione degli animali o una errata concimazione liberano tutti i nutrimenti di cui le alghe hanno bisogno. I normali concimi liquidi o da fondo sono mirati per l’alimentazione delle piante ma se la vegetazione non è ancora ben attecchita come nelle vasche nuove, è in sofferenza o ancora è troppo limitata per assorbire i nutrimenti che somministriamo questi saranno metabolizzati dalle alghe che prenderanno il sopravvento sulle piante superiori. Per questo si consiglia di non iniziare la concimazione liquida fino a che le piante non siano completamente attecchite e nel caso ci sia un fondo attivo di posticipare ulteriormente qualsiasi integrazione. I vegetali non si nutrono solo di ferro, potassio, azoto e altri oligoelementi ma anche di nitrati e fosfati. Sono proprio questi ultimi le cause tipiche di esplosioni algali in acquario. I nitrati sono il risultato del ciclo dell’azoto attuato nel filtro, una loro presenza massiccia indica un carico biologico eccessivo in vasca causato da una sovrappopolazione o sovralimentazione. I fosfati derivano anch’essi dai residui alimentari e dal metabolismo dei pesci, entrambi questi elementi possono essere limitati e rimossi con i cambi parziali o resine specifiche. I fosfati non dovrebbero essere superiori a 0.5 mg/l mentre i nitrati non dovrebbero superare i 25 mg/l. Una strategia efficace si è dimostrata quindi l’abitudine a cambi parziali frequenti e cospicui miranti a sottrarre i nutrimenti in soluzione. Dopo un paio di settimane di trattamento le alghe dovrebbero morire, durante questo periodo si riduce al minimo l’alimentazione degli animali e si sospende ogni fertilizzazione per rendere la vasca più povera di nutrimenti possibile. La maggior parte delle alghe preferisce ambienti con ph, durezze e temperature elevate e quindi poco ossigeno in soluzione. Sono invece in difficoltà in ambienti molto acidi e ben ossigenati. Si è dimostrato che i tannini e gli acidi umici sono sgraditi alle alghe, il filtraggio con torba, le radici e una buona concentrazione di lignina in vasca inibisce i processi di assimilazione e duplicazione, inoltre i tannini rendono l’acqua ambrata rendendo difficoltosa la penetrazione della luce. Alcuni studi mostrano come la paglia di cereali (soprattutto orzo e frumento) sia particolarmente indicata per questo trattamento, basta lavarla abbondantemente e inserirne una fascina nel filtro per una – due settimane circa, ripetendo l’operazione fino al distacco delle alghe dalle superfici. La luce E’ un altro elemento strategico nella lotta, sappiamo infatti che le alghe sfruttano lunghezze d’onda differenti rispetto alle piante e soprattutto hanno una elevata capacità di adattamento che manca alle prime, per questo sono più rapide nell’adeguarsi a cambiamenti di illuminazione e a variazioni nello spettro causati dalla senescenza delle lampade. La radiazione luminosa comprende componenti armoniche aventi lunghezza d’onda compresa nell’intervallo 380 – 780 nm, da 380 a 490 sono le radiazioni del blu da 490 a 780 la gamma del giallo arancio rosso. Le alghe sfruttano principalmente le radiazioni del blu. Traducendo questi valori in gradi Kelvin vediamo come le piante amino i toni caldi dai 3000 ai 4000 mentre aumentando la gradazione ci si sposta nella zona del blu con una resa estetica gradevole all’occhio umano ma con altrettanto beneficio per le alghe. Attenzione quindi non solo alla temperatura di colore ma anche ai picchi dello spettro nella zona del blu. Alcune alghe si sono addirittura specializzate su frequenze “residuali” ovvero non sfruttate da altri vegetali prosperando nelle zone meno illuminate dove penetrano solo alcune lunghezze d’onda, è il caso dei cianobatteri e delle alghe rosse che con un sistema di pigmentazione alternativo sfruttano i il giallo e il verde dello spettro. E’ evidente quindi come l’illuminazione sia un parametro fondamentale da studiare attentamente in caso di problemi. Oltre alla corretta gradazione dello spettro ci sono altri fattori da osservare: la durata del fotoperiodo, e le variazioni nello spettro. In natura la luce solare è disponibile per un periodo che varia dalle 8 alle 12 ore a seconda del luogo e dalla vegetazione che scherma i raggi. In acquario è buona regola iniziare con un fotoperiodo limitato aumentandolo gradualmente senza mai eccedere i limiti sopraindicati. Alcune filosofie di conduzione della vasca suggeriscono un “fotoperiodo a scatti” in cui si inserisce all’interno della giornata un periodo di buio. Secondo logica questo intervallo dovrebbe danneggiare più le piante che si adattano lentamente rispetto alle alghe, molte sperimentazioni ed esperienze avvallano però questa tesi che si basa sull’idea che i raggi solari delle ore centrali siano troppo perpendicolari per essere efficacemente utilizzati, la questione rimane comunque aperta e non sembra risolvibile teoricamente. Sappiamo inoltre che le alghe sono organismi molto semplici e quindi in grado di accumulare solo esigue scorte di energia, per questo non hanno la possibilità di sopportare periodi prolungati di assenza di luce. Una strategia vincente, soprattutto contro le alghe verdi unicellulari, è oscurare con fogli di cartone la vasca e spegnere le luci per un periodo di due settimane, le piante soffriranno un po’ ma sopravvivranno grazie alle loro riserve, le alghe invece periranno. Tutte le alghe inoltre sanno sfruttare circa il 70% dello spettro contro il solo 12% delle piante, questa loro caratteristica le rende molto versatili e reattive alle mutazioni delle condizioni luminose. Per questo quando le lampade iniziano a subire gli effetti di una eccessiva senescenza e lo spettro vira le piante sono in difficoltà, mentre le alghe sono pronte a sfruttare a loro vantaggio la situazione. E’ buona regola cambiare i tubi al neon ogni 6-8 mesi e le luci HQI o HQL entro l’anno di utilizzo. Anche la luce che filtra da una finestra può provocare problemi, infatti le piante, abituate alle luci artificiali, non sono in grado di utilizzarla mentre le alghe non hanno difficoltà a sfruttarla per la fotosintesi. E’ evidente quindi come una progettazione e manutenzione attenta dell’impianto di illuminazione si riveli fondamentale per l’equilibrio della vasca. Prodotti chimici In commercio si trovano molti prodotti anti-alghe che promettono risultati immediati e definitivi. E’ impossibile analizzarli analiticamente ma vale comunque la pena spendere qualche parola sulle modalità d’uso e la loro reale efficacia. Chiariamo subito che intervenire con prodotti chimici non vuol dire risolvere il problema ma semplicemente trovare una cura momentanea, se non si risolvono le cause che generano la proliferazione le alghe si ripresenteranno puntualmente. E’ quindi evidente che gli anti-alghe sono un aiuto nella lotta ma mai l’arma risolutiva, una strategia vincente deve quindi prima individuare le cause della proliferazione, agire su di esse per indebolirle e impedirne la proliferazione e solo come ultimo rimedio introdurre gli alghicidi che elimineranno anche le ultime superstiti. In caso di infestazioni gravi molti dei prodotti non garantiscono nemmeno risultati apprezzabili nel breve periodo. E’ buona regola procedere a dei sostanziosi cambi d’acqua nel periodo precedente al trattamento, sia per sottrarre nutrimenti sia in previsione dell’impossibilità di effettuarli nel periodo di somministrazione. Nell’ampia e variegata offerta si distingue per composizione ed efficacia un preparato della ESHA, il Protalon-707. L’azienda danese basa l’efficacia del prodotto su principi attivi naturali che non infastidiscono in nessun modo le piante e i pesci. Si è rivelato molto efficace nel trattamento di tutti i tipi di alghe comprese, anche se in minor misura, di quelle a pennello. In ogni caso, ricordando che la giusta cura passa da una attenta analisi delle cause, la maggior parte delle grandi marche del settore ha nel proprio listino delle alternative efficaci. Organismi antagonisti Come detto in precedenza gli antagonisti per eccellenza delle alghe sono le piante acquatiche poiché sfruttano gli stessi nutrimenti e sono in competizione per la stessa nicchia. Un acquario ben piantumato e in salute è la soluzione ottimale per combattere tutti i tipi di alghe sottraendogli nutrimenti ed impedendone la diffusione, ricordiamo però sono sempre presenti e pronte a sfruttare periodi di debolezza della vegetazione. In particolare sono utili allo scopo le piante a rapida crescita come Ceratophyllum, Cabomba, Hygrophilia Polysperma e Myriophillum e tutte le piante galleggianti che assorbono i nutrimenti disciolti in quantità maggiori e più velocemente, quelle galleggianti in particolare schermano anche la luce inibendo ulteriormente i processi di fotosintesi delle alghe. Un aiuto ci viene offerto anche dal regno animale tramite i numerosi pesci ed invertebrati fitofagi. Esistono animali che si cibano di vegetali in genere e che quindi potrebbero aggredire anche le piante ed altri che si nutrono in preferenza di alghe o addirittura di un determinato tipo di esse. Prima di descrivere le varie specie è opportuno però ricordare che nessuno di questi ospiti può rappresentare da solo la soluzione del problema, sono piuttosto un aiuto nel contenerle e limitarne la proliferazione. La famiglia di fitofagi più famosa è quella dei Loricaridi, diffusa principalmente nella zona equatoriale del sud america vanta un numero enorme di specie, in acquario vengono ospitate solo quelle più piccole. Tra i ciprinidi si distingue il Crossocheilus siamensis, uno dei pochi animali che si nutre anche di alghe a pennello. Sempre originari del sud-est asiatico anche il Gyrinocheilus aymonieri e i Gastromyzon. Oltre alle specie specializzate in questo tipo di alimentazione ricordiamo che la maggior parte dei pesci integra la propria alimentazione con una componente vegetale. Dai grandi Ciprinidi delle nostre acque fino ai Discus sono moltissimi gli animali che possono essere sorpresi a brucare le alghe sulle foglie o gli arredi, senza dimenticare la grande famiglia dei ciclidi africani che fa dell’ auwfusch (detrito organi composto da alghe e zooplancton) il proprio alimento base. Tra i molluschi i più diffusi sono le Ampullarie ed in particolare le Pomacea bridgesii, nella colorazione marrone striata o in quella di allevamento giallo intenso. Si nutrono di tutti i detriti, comprese le foglie in decomposizione e le si vede spesso brucare le alghe. Sono creature miti e pacifiche ed adatte alla convivenza con tutti gli abitanti della vasca, una durezza eccessivamente bassa dell’acqua potrebbe causare problemi di calcificazione al guscio. Anche molti altri generi di molluschi comuni negli acquari che classifichiamo superficialmente come “lumache” offrono il loro contributo nella eliminazione delle alghe. Tra i gamberi i più famosi sono le Caridina japonica, probabilmente i mangiatori di alghe più operosi e instancabili. Vanno tenute in gruppi numerosi per vincerne la naturale timidezza, producono un carico organico trascurabile e sono adatte alla convivenza con tutti i pesci. Attenzione però a non inserirle in vasche con ciclidi e grossi pesci che le gradirebbero come una appetitosa integrazione alla normale dieta.Passando dalla dimensione macroscopica di pesci e piante a quella microscopica scopriamo che anche altri piccoli animali si nutrono di alghe come protozoi e rotiferi. I protozoi sono ampiamente diffusi in acque dolci e salate, vivono inoltre nel terreno umido o come parassiti di animali e vegetali. I Protozoi planctonici si muovono per mezzo di ciglia, flagelli, membrane ondulanti e si alimentano di batteri o alghe microscopiche. I rotiferi, con una lunghezza compresa tra i 100 µm e 0.5 mm, hanno un capo, un tronco e un piede. Quasi tutti i rotiferi traggono la loro fonte di nutrimento dalla filtrazione di microalghe, batteri e detrito, non mancano forme predatorie e carnivore. Anche i piccoli crostacei usati per alimentazione di avannotti e di pesci sono consumatori di alghe (dapnhia, cyclops, artemie). |