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Il Refugium

14/02/2022 1

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Spesso quando si allestisce un acquario di barriera, non sempre viene data la giusta importanza a questa parte della vasca e cioè il Refugium , in quanto e’ parte integrante dell’intero sistema , che a mio avviso e’ tanto importante quanto l’avere rocce di buona qualità, buon movimento, una buona illuminazione, e un buon sistema di filtraggio (nello specifico, lo skimmer.)
Il refugium è parte integrante del sistema, e grazie ai processi che si sviluppano al suo interno, aiuta e sostiene in maniera biologica e naturale la vasca stessa.


Acquario di barriera con Refugium integrato a vista (foto di Andicot)

Vediamo che cos’e’ un Refugium.

Il Refugium e’ una vasca collegata alla vasca principale vera e’ propria, che può essere realizzata in vetro, materiale acrilico o del materiale che più vi aggrada. Di norma andrebbe posto sopra la vasca principale, ma non sempre questa soluzione e’ realizzabile, vuoi per motivi di spazio , vuoi per problemi estetici. Per molto tempo si e’ pensato che questa fosse l’unica posizione possibile perché i microrganismi che esso produce, dovevano essere riversati nella vasca principale per caduta senza passare attraverso pompe centrifughe, per paura che questi potessero essere danneggiati dalle eliche delle pompe. Questo si è dimostrato col tempo un problema relativo, quasi infondato, talmente piccole sono le dimensioni di tali organismi, con una perdita valutabile in un 10%. Quindi sempre più spesso si vedono realizzati refugium accanto la sump o sotto la vasca principale, strutturati in maniera tale che l’acqua in uscita dallo stesso non vengo però processata dallo skimmer, quindi rinviata direttamente in vasca.

Schema di possibile funzionamento con refugium integrato alla sump.


Un Refugium posizionato di fianco alla sump


Vasca Refugium dislocata accanto alla sump, prima dell’allestimento.


Schema di possibile funzionamento con refugium di fianco alla vasca.


Refugium appeso al vetro posteriore

Come si allestisce un Refugium.

Cosa indispensabile, secondo me, è un DSB ( Deep Sand Bed) , tradotto, un fondo sabbioso abbastanza alto. Per abbastanza alto ci si dovrebbe regolare in base alla granulometria di sabbia che s’intende utilizzare, partendo dal presupposto che più e’ grossa la granulometria più alto si deve fare il DSB, quindi l’altezza varia dai 10/12 cm per la sugar ai 20/25cm della pezzatura grossa. Cosa non trascurabile e’ la qualità della sabbia , l’optimum e poter trovare della sabbia viva, in alternativa usare degli inoculi di fauna bentonica che in Italia ancora fatichiamo ad avere, in alternativa mettere delle rocce vive durante la maturazione, oppure una parte di sabbia prelevata da un acquario funzionate da tempo e che funzioni correttamente. Ritengo comunque che la sabbia più adatta per realizzare un fondo alto, sia l’aragonite comunemente chiamata “sugar-size”, proprio per la sua granulometria finissima che per le sue proprietà chimico-fisiche: essa infatti tende nel tempo a rilasciare sostanze tampone grazie ai processi batterici che deprimono il valore di ph negli strati più bassi in assenza di ossigeno…


Un refugium appena allestito

Tra l’altro, si trovano comunemente in commercio sabbie vive con questo tipo di pezzatura, e anche se mancano completamente della fauna bentonica, hanno comunque degli inoculi batterici che si rivelano utili nel processo di maturazione del fondo stesso.
Per allestire il fondo sabbioso è necessario prima riempire in parte la vasca stessa con acqua già salata, in quanto si evita la formazione di sacche d’aria che col tempo darebbero luogo a svariati problemi. Una volta immessa l’acqua, si potrà aggiungere così la sabbia facendola depositare sul fondo in maniera compatta ed omogenea.
Bene, a questo punto il nostro DSB e’ pronto.
Ma cosa ci metterci, adesso?
La domanda ha una risposta semplice: delle alghe!
Oggi si riescono a trovare facilmente diversi tipi di alghe superiori adatte allo scopo, oltre alle conosciute varietà di caulerpa, si possono aggiungere alghe come la gracilaria rossa, o la ben più nota chaetomorpha..


Vari tipi di alghe superiori

Personalmente sconsiglio spesso l’utilizzo delle varie specie di Caulerpa, anche se sono ottime consumatrici di nutrienti a crescita rapida, in quanto hanno il brutto vizio di collassare una volta raggiunta la maturità sessuale. Resta comunque una valida alternativa ma riservata ad acquariofili piuttosto esperti, e comunque molto dediti alla cura della vasca, in quanto richiede frequenti e costanti potature che non possono essere rimandate come invece ci si può permettere di fare con Chaetomorpha e Graciliara.
Ritengo comunque che la scelta migliore per chi si voglia cimentare nell’allestimento del proprio refugium, specialmente per il neofita, sia proprio Chaetomorpha (spaghetti algae).

Essa infatti ha una elevatissima adattabilità alle più svariate condizioni di luce e di valori dell’acqua, ed una volta adattata si svilupperà rapidamente, crescendo anche dopo le potature senza particolari problemi. Inoltre, non richiede particolari integrazioni e riesce a svilupparsi tranquillamente con gli elementi che trova nella comune formulazione dei sali marini, quindi un problema in meno da affrontare.
La sua particolare conformazione, a spaghetti aggrovigliati appunto, le conferisce inoltre delle ottime caratteristiche per lo sviluppo e la riproduzione dello zooplancton, che riesce a trovarvi così riparo. Non è raro notare, infatti, una miriade di anfipodi, copepodi o piccoli gamberetti mysis che stazionano al suo interno.


Le tracce nel sustrato lasciate dallo scavare dei policheti ed altri organismi.

Oltre alle alghe possono essere inseriti anche dei piccoli crostacei, tra i primi le varie specie di gamberi lysmata, che con la loro facilità e costanza nel riprodursi, contribuiscono con il rilascio delle larve ad incrementare la fauna e la biodiversità, fornendo così un alteriore approvvigionamento di cibo per la vasca principale. Inoltre, si possono inserire alcune specie di paguri e le molteplici specie di piccole ofiure, che risultano essere molto utili come detritivore e che con il loro lavoro aiutano a mantenere il fondo pulito.

Naturalmente, copepodi, anfipodi, vermi tubicoli, piccoli policheti e tutta la fauna bentonica si potranno sviluppare indisturbati in un ambiente privo di predatori naturali, e con il tempo colonizzeranno abbondantemente la vasca.

Un altro aspetto da considerare nell’allestimento del refugium, sarà l’illuminazione.
Il refugium non necessità di un’intensa illuminazione, in quanto queste specie di alghe, eccezion fatta per Graciliaria sp., non necessitano di potenti fonti luminose. A seconda delle dimensioni e soprattutto dell’altezza della vasca, potremmo affidarci a svariati sistemi illuminati, considerando nella scelta lampade compatte a risparmio energetico (PL), i comuni tubi al neon T8, oppure i più sofisticati tubi T5 nel caso si preveda una colonna d’acqua considerevole. Essendo appunto queste alghe di facile adattabilità, possimo considerare buona la regola generica di fornire circa un valore compreso tra 0,4 e 1w/litro per la capienza della vasca. Più importante, è fornire un corretto spettro di emissione luminosa per favorire la fotosintesi. Con chaetomorpha, ho notato una crescita rigogliosa anche con semplici pl da 4200°K, anche se l’illuminazione ottimale si ha in un range compreso tra i 4600° e gli 8400°K, ovvero le porzioni di spettro che hanno una forte componente fitostimolante nell’emissione visibile gialla e rossa.
Parlando di illuminazione, viene naturale a questo punto parlare di fotoperiodo.
I refugium spesso vengono gestiti nelle maniere più disparate sotto questo aspetto: si parla di ciclo invertito rispetto alla vasca principale, ciclo sovrapposto, illuminazione costante 24 ore su 24…
Questo ci porta a considerare diversi fattori che entrano in gioco in questo caso, come andamento del valore di ph e rilascio di zooplancton.
Alcune aspetti, considerando i vari tipi di fotoperiodo forniti alla vasca, vanno in contrasto ad altre. Con un ciclo invertito è vero che si tenderà a stabilizzare il ph anche durante le ore notturne, ma verrà a mancare l’utilità del fornire plancton alla vasca nel momento utile… questo non perchè non si sviluppi, ma perché verrebbe rilasciato quando i coralli non stanno predando, ovvero durante il giorno. In quel momento, infatti, nella vasca principale sarà “giorno”. E solo lo zooplancton più grosso potrà essere utilizzato dai pesci come fonte di cibo vivo, mentre le larve e gli animali più piccoli finiranno in parte nel pozzetto di tracimazione, portati dalla corrente, per terminare la loro breve (e a questo punto inutile) vita nel bicchiere dello schiumatoio…
Questo si potrebbe evitare forse con un ciclo sovrapposto a quello della vasca?
Si, perché come è ormai noto anche nelle barriere, le cosiddette “nuvole di plancton” si alzano con le correnti dal momento del tramonto in poi… e gli animali che se ne nutrono si sono evoluti seguendo questa caratteristica: difatti è proprio durante la notte che possiamo notare gran parte dei coralli estroflettere di più i loro polipi per catturare il plancton presente nell’acqua. Ed è durante questo periodo che è più conveniente fornire cibo ai nostri coralli.
Quindi utilizzando un fotoperiodo parallelo a quello della vasca, potremmo arrivare a soddisfare meglio le esigenze alimentari seguendo i normali cicli naturali…
Avremo però un altro problema da considerare, tanto più grande quanto sarà la dimensione stessa della vasca refugium: l’andamento oscillatorio del valore di Ph. Questo verrà amplificato dall’azione fotosintetica simultanea delle alghe, che andranno a produrre ossigeno o a rilasciare anidride carbonica contemporaneamente agli altri organismi fotosintetici presenti nella vasca principale. Questo significa che nel momento di buio avverà un forte rilascio di Co2 che potrebbe deprimere considerevolmente il valore di ph tanto più grande sarà la massa algale che andremo ad ospitare. Ci troveremo, in questo caso, ad avere un abbondante produzione di O2 durante la fase di luce, durante la quale probabilmente potremo osservare valori di ph molto alti, e durante la notte un forte abbassamento, che in certo casi potrebbe infastidire o portare ad avere problemi ad i nostri animali.
Anche grazie al continuo monitoraggio con un phmetro, sono giunto alla personale conclusione che il ciclo luminoso nel refugium possa essere ottimizzato “incrociando” alcune fasi con quelle della vasca, senza avere né un ciclo sovrapposto, né un ciclo invertito.
Il ciclo ininterrotto, personalmente non lo considero valutabile, in quanto totalmente lontano dalla realtà che la natura ci insegna: nessun organismo vive in condizioni di luce perenne, ed a parte rari e particolari casi come il metodo di LengSy basato sull’uso di caulerpe attecchite a particolari miscele di fanghi, non presenta in questa configurazione nessun aspetto positivo.
I migliori risultati li ho osservati facendo accendere le luci del refugium durante le ultime due/tre ore di illuminazione della vasca. In questo modo, la fotosintesi si attiva nel momento in cui nella vasca viene invece a terminare, ed avviene invece il processo inverso di rilascio di anidride carbonica. Questa stessa anidride carbonica verrà utilizzata come vero e proprio fertilizzante dalle alghe, che grazie all’illuminazione stessa potranno utilizzarla per la fissazione e l’accumulo delle sostanze nutrienti necessarie alla loro crescita. A questo punto, il fotoperiodo si protrarrà per diverse ore, facendo cos’ in modo che questo reciproco “scambio di favori” tra vasca e refugium si svolga al meglio: la Co2 residua viene consumata, e si ha un forte rilascio di ossigeno anche durante la fase notturna della vasca principale. Nel momento in cui faremo cessare la luce anche nel refugium, dopo circa 12 ore, ci ritroveremo con la vasca principale ancora in completa fase di buio, e come abbiamo imparato osservando al buio le nostre vasche, prenderà vita la brulicante attività di tutta la minuscola fauna che è solita uscire allo scoperto proprio durante la fase notturna…
E’ in questo momento che dal refugium alla vasca si avrà il maggior travaso utile di organismi planctonici.
Allo stesso tempo, avremo modo così di fornire, per quanto modesta e mai paragonabile alla densità naturale, una fonte di cibo viva ed utilissima per i nostri coralli. Tutto questo senza andare ad inficiare negativamente col lavoro svolto dalle alghe, ma anzi ottimizzando al meglio il loro ruolo di consumatrici di Co2.
Per semplificare la cosa, riporto un esempio “tipo” di come potrebbe essere impostato il fotoperiodo sia nella vasca principale che nel refugium:

Vasca Principale: accensione delle luci alle ore 9, spegnimento delle luci alle ore 21. (12 ore totali)
Vasca Refugium: accensione alle ore 18, spegnimento alle ore 6.

E’ più facile così capire come questi processi possano attuarsi, vero?
Inoltre dobbiamo considerare che comunque, dopo le spegnimento delle luci, il processo di produzione di fotosintesi attiva (produzione di O2/consumo di Co2) si protrae ancora per un breve lasso di tempo, prima di avere una fase di stallo ed invertirsi, quindi anche nel momento in cui il nel refugium calerà il buio, si potrà sfruttare ancora questa tendenza positiva.
Grazie a questo tipo di illuminazione incrociata, ho potuto constatare un ottimo andamento del valore di ph, che ho potuto monitorare grazie all’uso di due phmetri, riscontrando grossi benefici: arrivando a punte massime registrate di valori prossimi ad 8,6 Ph alla fine del fotoperiodo nella vasca principale, con valori minimi di 8,1/8,2 durante la totale fase di buio!

Movimento nel Refugium

Andiamo ora a vedere un altro importante aspetto per la corretta gestione del nostro refugium.
Alcuni importanti studiosi, come Antony R. Calfo, indicano che il refugium, un po’ come la vasca principale, debba avere un ricircolo interno pari ad almeno 20 volte il volume dello stesso.
Questo significa che anche in questa vasca, dovremmo ricreare un importante riflusso interno, sia per dare modo al fondo sabbioso di ricevere un ricambio continuo ed avere il giusto apporto di ossigeno, sia per favorire lo sviluppo e la crescita delle alghe.
E’ sconsigliabile, finchè possibile, inserire delle pompe di movimento interne, perché queste metterebbero a repentaglio la vita di tutti questi piccoli organismi, riciclando spesso la stessa acqua all’interno della vasca, ed aumentando così in maniera esponenziale la malaugurata possibilità di “incontro ravvicinato” con le pale della pompa stessa.
Di solito, quindi, si preferisce aumentare il ricircolo interno fornendo una consistente quantità di acqua in attraversamento della vasca, favorendo quindi anche un ricambio molto rapido.
Se per piccole vasche basta spesso sfruttare un maggior passaggio d’acqua dallo scarico della vasca (o da una pompa apposita che alimenti il refugium stesso), per vasche più grandi questo non si rende possibile, ed occorre quindi studiare sistemi diversi. Alcuni ricorrono a degli areatori collegati ad una o più pietre porose, dislocate in più punti della vasca, ma ci si può ingegnare con diversi sistemi anche più efficaci, come ad esempio un “closed loop” realizzato con tubazioni in pvc forate per distribuire meglio i flussi, con barre che simulano l’effetto pioggia spruzzando l’acqua da un lato della vasca lungo la superficie, e via dicendo.
In ogni caso, il fattore “movimento” andrà tenuto in considerazione subito, dal primo momento in cui ci si accinge a pianificare la nostra vasca.

Alimentazione del Refugium

Non è solitamente neccesario alimentare direttamente il Refugium. Nella configurazione così descritta, in esso transitano prodotti di scarto della vasca, ad esempio scaglie o granuli di mangime non mangiati dai pesci, detriti, materiali particellati di sostanza organica di vario tipo…
Ovviamente, nel caso abbiamo deciso di ospitare alcuni gamberi, paguri, o altri animali, sarà comunque nostra cura fornirgli via via una dose di alimenti per soddisfare le loro esigenze.
Potremmo fare un discorso di tipo diverso se desiderassimo spingere molto il nostro refugium per la riproduzione di zooplancton vivo, utilizzando stavolta una coltura esterna di phytoplancton.
Esistono anche prodotti specifici in commercio, che sono o comunque simulano il phytoplancton vivo, come Verde&Vivo di Acquaristica, Phytoplex della Kent e molti altri. Recentemente, visto lo svilupparsi di questa tendenza anche in Italia, si riescono a trovare anche degli inoculi (preparati starter per avviare delle colture) di svariati tipi di alghe unicellulari, come nannochloropsis, Tetraselmis, Porphyridium. Allo stesso modo, ci si possono procurare starter misti di anfipodi, copepodi, mysis, rotiferi ed anche artemia adulta viva, sia in confezioni miste appositamente studiate per avviare il refugium, sia separate. Essendo il phytoplancton il primo anello della catena alimentare, di cui si nutre gran parte del minuscolo zooplancton che vogliamo allevare, è facile dedurre quanto questo possa facilitare la riproduzione, l’alimentazione e quindi lo sviluppo di questa parte di biomassa alimentare. Non solo lo zooplancton trarrà giovamento da una regolare somministrazione di phytoplancton, ma anche molti altri organismi che difficilmente riescono a svilupparsi proprio per la mancanza, o comunque la scarsità, di questo elemento che nella maggior parte dei casi viene eliminato in gran parte dal sistema per mezzo della schiumazione. Tutti i filtratori, a partire dai minuscoli spirografi, alle spugne, alle ascidie, fino ad arrivare alle bellissime tridacna, gradiscono molto la somministrazione di phytoplancton vivo, ma anche un suo equivalente surrogato non vivo.
Al momento, comunque, la realizzazione di una coltura di phytoplancton, presenta alcune difficoltà gestionali e richiede una buona dose di tempo e di dedizione per poter essere protratta a lungo termine, e questo è il principale problema che ci troviamo a dover affrontare. Una volta che ci troviamo in grado di poter fornire una costante ed adeguata somministrazione di phytoplancton vivo, affidandoci alle nostre colture, o più semplicemente a preparati commerciali pronti all’uso, si può ottimizzare l’alimentazione diretta del refugium ad esempio con una semplice pompa dosometrica, che penserà automaticamente ed anche in nostra assenza a somministrare una quantità prestabilita di liquido prelevato dalla coltura.

Cura e Manutenzione del Refugium

Il Refugium non richiede grossi sacrifici al conduttore della vasca, ma è comunque da considerare sempre una vasca in più, e come tale andrà trattata, anche se magari non ci richiede cambi d’acqua o ulteriori misurazioni dei valori chimici oltre alla principale a cui è collegato.
Le attenzioni sono in realtà minime, anche perché, meno si và a disturbare il sistema, e meglio procederà…
Gli interventi esterni riguardano la potatura e la rimozione delle alghe quando è necessario, il cambio delle lampade ad intervalli regolari, e niente di più.
Un semplice sguardo di controllo quotidiano per verificare che tutto funzioni e sia a posto, e la nostra vasca potrà girare tranquilla ed indisturbata per lungo tempo.
Lascio volutamente a parte quello che potrebbe essere un discorso di fertilizzazione ed apporto di elementi carenti o comunque consumati dalle alghe, in quanto con regimi di cambi d’acqua regolari non si è soliti andare incontro a problemi di questo tipo, e integrazioni di ferro, potassio, fosforo, ecc, sono da considerarsi spesso pericolosi se non gestiti con molta, molta cautela.
Solo in un caso ho riscontrato una crescita limitata per carenza di ferro, durante la maturazione della vasca con il refugium in funzione, ma dopo ben 4 mesi senza nessun cambio d’acqua, quindi ritengo che ci si possa astenere tranquillamente da un integrazione esterna.

Quali sono i vantaggi di avere un Refugium.

I vantaggi sono innumerevoli come abbiamo visto.
Se le alghe superiori svolgono un costante ruolo nell’asportazione di nutrienti, anche il fondo sabbioso, offre per le sue caratteristiche intrinseche un ottimo substrato sia per la riproduzione della fauna bentonica e del plancton, che un importante ruolo nella riduzione naturale del nitrato (NNR= Natural Nitrate Reduction) grazie alle ormai famose capacità denitrificanti proprie del DSB.
Abbiamo già abbondantemente parlato di come aiuti attivamente a stabilizzare il ph della vasca.
Il continuo apporto di microrganismi, inoltre, contribuisce a mantenere viva la biodiversità della vasca stessa, e dobbiamo considerare poi che gran parte di questi organismi sono i primi consumatori delle sostanze di rifiuto della vasca stessa, come residui organici, sedimenti, alghe in decomposizione.
Con un refugium andiamo inoltre ad aumentare il litraggio complessivo del nostro sistema, ed anche questo è un beneficio.
Possiamo vedere la cosa anche sotto un aspetto puramente economico, se pensiamo a quanto possiamo risparmiare, conoscendo e sfruttando la Natura, in resine antifosfati o altri prodotti commerciali che spesso mal si sposano con una corretta gestione della vasca stessa…


TAGacquario marino refugium
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One thought on “Il Refugium”

  1. Enrico Benetti 03/05/2018 at 12:11

    Sono Enrico Benetti di Bentur Srl. Stiamo producendo un elettrodomestico, lo Spirugrow, che permette di prodursi in ambito domestico la spirulina fresca.

    Vi scrivo per chiedervi un consiglio e delle indicazioni in quanto:

    Necessitiamo di una pompa di movimentazione acqua, per ricreare l’ambiente naturale in cui la spirulina cresce. La movimentazione dell’acqua è necessaria per favorire il distaccamento delle particelle di ossigeno prodotti dalla fotosintesi.

    La pompa di movimentazione deve avere le seguenti caratteristiche:

    – alimentazione a 24 v DC

    – le plastiche usate, devono avere la compatibilità alimentare, venendo in contatto con la spirulina.

    -la pompa deve essere in grado di movimentare 800/900 L h

    Data la vostra grande e vasta conoscenza nell’ambito sono sicuro che potreste darmi una mano nella ricerca. Abbiamo già contattato Hydor, di Bassano ma non hanno delle plastiche compatibili con le certificazioni UL, FDA, per il mercato Americano.

    Quindi ora stiamo cercando, alternative.

    Se riuscireste a darci una mano, ve ne saremmo veramente grati

    Cordiali Saluti

    Reply ↓

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