Quando si è davanti ad una vasca di piranha le emozioni che vengono suscitate sono molteplici: c’è chi pensa a macchine da guerra pronte a morderti e ridurti in brandelli, chi invece li classifica come pesci di “serie B” in quanto li ritiene facili da allevare, altri che vengono tratti in inganno dall’ormai classica e comune livrea dei Nattereri tanto da far dichiarare, se ci si trova davanti ad un Serrasalmus diverso dall’opinione collettiva, di non aver a che fare con un piranha… Questo è dovuto in parte alla disinformazione generale (basti pensare che c’è ancora chi è incapace di distinguere un nattereri da un Pacu, pesce onnivoro che può raggiungere dimensioni a dir poco mostruose e totalmente ingestibile in acqua domestici come dimostra il rilascio nel fiume Po di qualche tempo fa e l’errata divulgazione ad opera dei media di un “temibile predatore pescato in Italia”) ed alle scarsissime importazioni su suolo nazionale di questi fantastici e timidi predatori d’acqua dolce. Se a questo si aggiunge anche il fatto che le metodologie di allevamento non sono state sviluppate per moltissimi anni per colpa di qualche “esperto pigro” nel voler migliorare nella conoscenza e nella gestione di tali pesci, come invece è accaduto per i ciclidi del malawi, per i pesci combattenti, per i discus e per gli acquari di comunità in generale, ecco che la colpa può esser tranquillamente spartita tra negozianti ed allevatori in egual misura. I primi però hanno dalla loro la scusante di non aver richiesta e di conseguenza, per le leggi di mercato, non essendoci domanda l’offerta si abbassa. Il loro scopo non è far beneficenza ma vendere quindi… I primi di stazza ragguardevole ed i secondi di taglia più piccola (se per piccolo si può definire un pesce che in natura raggiunge tranquillamente i 40cm ed in cattività i 30 abbondanti). Già esponendo queste caratteristiche si capisce da sé che occorrerà approntare per allevarne almeno un gruppo di 2 o 3 esemplari (i piranha non sono pesci da branco, school o pod nella definizione di branco in inglese, nel senso stretto della parola ma gregari, o sohal come si definisce una tale associazione di pesci) una vasca di almeno 400 lt di capienza. Caratterialmente sono pesci timidi e dal nuoto nervoso ed imprevedibile e questo ha fatto si che, alle origini, i loro proprietari li relegassero in vasche spoglie, prive di fondo ed arredi per timore di graffi e ferite causate da urti per scatti improvvisi. Stessa sorte degli arredi subirono le scelte di piante: rarissime le originarie vasche piantumate in quanto si assisteva a sradicamenti e morsi sul foglie e la scelta si orientò verso semplicissime anubias od addirittura verso piante finte di plastica. Il fondo era costituito da semplice quarzo scuro in quanto i potenti di colpi di coda tendevano a sollevare il substrato fertilizzante.. in poche parole un disastro sotto ogni punto di vista! Tenere un piranha era quindi come tenere un pesce rosso: nessun impegno di fertilizzazioni, nessun problema di layout, nessun problema di consumi eccessivi di corrente (sono pesci per la maggior parte provenienti da acque scure quindi non amano troppa luce in vasca), facilità di nutrirlo con prede morte o vive (i pesci rossi dati con eccessiva solerzia per stupire amici e vicini e parenti nemmeno si sapeva potessero essere nocivi in quanto la loro carne non è adatta a sfamare ed apportare i giusti gradienti nutrizionali ai pesci in questione…)! Era l’inizio della fine, almeno sul suolo nazionale; altrove già si allevavano i piranha in vasche più arredate e più naturali ma era sempre un livello molto basso rispetto a quello che Amano o le metodiche dell’acquario olandese o i layout del malawi avevano sviluppato. Da qualche anno invece è iniziata una sorta di riscossa ad opera di alcuni siti italiani nel voler rendere gradevole un acquario di piranha per loro e per la vista, non un compromesso bensì un nuovo modo di vedere il layout da poter dedicare a questi pesci. I primi tempi vennero adottati sfondi 3d in maniera entusiastica ed indiscriminata e le prime piante (echinodorus, anubias e vallisneria su tutte) fecero la loro comparsa nelle vasche ma… si continuavano a segnalare sempre frequenti disastri e morie di piante ad opera dei piranha, ma anche qui le colpe erano da dividersi: i pesci e gli allevatori non erano “pronti” ad una simile innovazione! Nessuno sapeva come legare un’anubias o della riccia fluitans ad un substrato, il sistema di fertilizzazione liquido integrante quello del terreno fertile era solo a dosaggi “per sentito dire” e le potature venivano fatte con forbici da cucina o da toiletta. Ma non tutti si arresero a questi “compromessi forzati”; sembrava di rivivere la dicotomica lotta tra filtro sotto sabbia e metodi DSB prima e berlinese poi già visti nell’evoluzione dell’acquariofilia marina, dove si tentava a tutti i costi di allevare coralli vivi invece che scheletri di madrepore. In quel campo si voleva passare ad ogni costo, e ci si riusciì con successo, da un arredo-cimitero ad un layout naturale e gradevole. Fu allora che si risolse il problema con ostinata tenacia, virando verso vasche di notevoli litraggi dove poter garantire alla stazza dei pesci ampio spazio per il nuoto non sottraendo allo stesso tempo troppa capacità alla vasca se dotata di layout ed arredi “pesanti”. L’era dei nattereri allevati in pochi litri e rilasciati nei fiumi o laghi oppure riportati al negoziante quando raggiungevano inevitabili misure non più adatte alle vaschette in cui venivano tenuti qualche annetto era finita! Apparvero i primi esemplari di caribe, piraya e serrasalmus e subito gli acquariofili appassionati di predatori ne rimasero colpiti favorevolmente. Ma erano esemplari selvatici, di cattura e quindi molto difficili da mantenere in vita senza quelle caratteristiche a cui erano abituati in natura. Si cercò quindi l’equilibrio: garantire il litraggio adeguato faceva si che i pesci fossero più docili e anzi, gradissero quelle strutture a loro dedicate. Non mancarono certo gli insuccessi ma la voglia di andar avanti partendo da quel punto di partenza non scoraggiò il cammino in avanti ormai intrapreso (ad esempio i continui salti dalle vasche furono ovviati grazie all’introduzione di led lunari durante il periodo di assenza di luce fornendo così riferimenti dimensionali anche durante le ore di buio, e così facendo furono possibili gli allestimenti di vasche aperte). Non tutti i materiali si prestavano ad un simile biotopo però: la fantasia venne incontro a questi pionieri che si ingegnarono con pvc, poliuretano, resine e polistiroli, legni raccolti in natura e lavorati con plastivel. Nacquero le prime imitazioni di paesaggi naturali, in alcuni casi veri e propri biotopi in cui far convivere non solo piranha ma anche pesci pulitori, caridine, lumache del genere neritina (si studiò che sono le uniche tollerate, al contrario di ampullarie ed affini), mangrovieti ricavati con rami di nocciolo contorto, strutture complesse con zone di luce ed ombra e piantumazioni anche molto fitte di piante non più elementari ma difficoltose nel loro mantenimento negli acquari degli appassionati più esigenti. Era stato raggiunto lo scopo: trovare la quadratura del cerchio e farsi apprezzare agli occhi di molti come acquariofili completi, studiosi e ricercatori di quelle esigenze non più del singolo pesce ma di un “mondo dietro vetro” fatto di un ciclo vitale complesso di fauna e flora, invertebrati e pesci, piante ed alghe. Certo questo concetto di abbinamento piranha-acquario naturale ha un risvolto negativo: quello di essere un’acquario per detentori di vasche molto capienti (si parte dai 300lt per un singolo esemplare fino a vasche di 6-700lt per tenere un solo serralmus…) e dotate di filtraggi sovradimensionati ma il più è stato fatto. La prossima frontiera sarà quella della riproduzione in cattività non solo dei pygocentrus nattereri (ormai riuscita a moltissimi acquariofili) ma dei vari caribe, piraya, ternetzi e via discorrendo ma anche questo sarà possibile soltanto se si riuscirà a studiare e sperimentare, crescendo e soprattutto sapendo “ascoltare” quello che i nostri pesci, le nostre piante, la nostra vasca tutta ci griderà aver bisogno giorno dopo giorno per il suo miglior mantenimento. Si ringrazia Pirahnaditalia per la concessione dell’articolo. |
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