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Ciclidi del lago Malawi

12/09/20220

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In molti vengono affascinati dai pesci del lago Malawi solitamente per i loro stupendi colori, ma ben presto ci si ritrova sconsigliati: “ sono aggressivi, distruggono le piante …” e davanti a simili premesse vengono deposti i “sogni” e ci si orienta su altri biotopi … beh, quanto sopra solitamente corrisponde a verità, ma con un po’ di accortezza nell’abbinamento tra le varie specie di pesci e rinunciando ( solitamente ) alle piante posso affermare che si tratta di un acquario facile da condurre, relativamente economico ma soprattutto ricco di soddisfazioni.


Pseudotropheus aurora maschio (Foto Marco Rosetti)

Il lago Malawi

Iniziamo a vedere da dove provengono i nostri futuri potenziali ospiti, in modo da “inquadrare” casa loro e cercare di adattare la vasca alle loro esigenze.

Il lago Malawi (un tempo lago Nyassa) è uno dei laghi africani ( insieme al Tanganika, il Vittoria) formatisi da una spaccatura della crosta terrestre, conosciuta col nome di Rift valley.


Il lago ha una forma molto allungata e stretta, ha uno sviluppo delle coste di circa 800 km e vi possiamo distinguere 4 ambientazioni differenti :
1) la scogliera
2) l’acqua aperta
3) i fondali di sabbia
4) le praterie di vallisneria
più le varie zone di transizione.
La zona che ci riguarda è quella della scogliera, è qui infatti che troviamo gli Mbuna, ma solo fino ad una profondità di circa 50 mt, oltre non si spingono in quanto la luce che filtra è insufficiente allo sviluppo delle alghe, quindi non troverebbero alimento.

Si tratta di ammassi di rocce di varie dimensioni che solitamente non hanno soluzione di continuità ed i piccoli ciclidi non si avventurano fino al gruppo roccioso prossimo, in quanto sarebbero probabilmente mangiati dai predatori, ecco come si spiega la moltitudine di specie diverse in questo lago ognuna vive in un “minimondo” in cui si è evoluta.

L’acqua del lago
Le notevoli dimensioni del lago lo possono portare a paragonare ad un piccolo mare, sono presenti le maree, onde anche notevoli ( per un lago ) ed in certe zone forti correnti.
L’acqua è limpida, senza colorazioni, la temperatura rilevata è tra i 23° ed i 27° valori del biotopo sono pH 8 – 8.5, kH e 5 gH 14.
Gli mbuna sono pesci estremamente robusti, che riescono a sopportare concentrazioni mediamente superiori di nitrati rispetto agli altri pesci, ma ciò non è una scusante per non fare cambi frequenti dell’acqua, in ogni caso nel lago la quantità di queste sostanze è bassissima.


Pseudotropheus aurora maschio. (Foto di David Francescangeli)

Il primo sintomo di una quantità eccessiva di composti azotati in vasca è lo “sbadigliare“ degli mbuna, se vi capita di vederne allora fate immediatamente un test dei nitrati …. o ancora meglio un massiccio cambio dell’acqua, che non fa mai male.
Diverso è il discorso per i nitriti, sono deleteri, per cui prima di popolare la vasca aspettate un po’ di più : assicuratevi che il filtro sia ben avviato.

Tabella dei valori chimici del lago

 pH
7.8 – 8.5
 gH
4-7
 kH
6-10
 Conduttività
200-350
 Temperatura
24-30 °C


L’acquario
Incominciamo dal “contenitore”, anche qui più è grande e meglio è.
Il primo fattore limitante di queste specie è il fabbisogno di grossi volumi, vedremo in seguito volta per volta i motivi, per poter tenere alcune specie, le più piccole e tranquille, non si può scendere sotto i 150 litri, personalmente sconsiglio di scendere anche sotto i 200


Una vasca di ciclidi africani allestita con sole rocce.

Il filtro
Non ci sono vincoli ad un tipo di filtro od un altro, l’importante è che comunque sia mosso da una pompa molto potente. E’ adatto qualsiasi tipo di filtro biologico, l’importante è che sia di buona qualità, possibilmente un po’ sovradimensionato e caricato con i classici materiali per l’insediamento di batteri (cannolicchi, biosfere, lava, ecc). Importante il filtro meccanico (lana sintetica o spugna) da collocare prima del biologico. Saltuariamente può essere utile del carbone attivo per rendere l’acqua cristallina ed eliminare sostanze tossiche.
Al momento dell’acquisto della vasca comunque è da privilegiare una vasca col filtro esterno piuttosto che con filtro interno, se non altro per aumentare lo spazio utile in vasca.

L’illuminazione
Altro punto poco vincolante per la vasca, l’illuminazione nel nostro caso è volta al solo vedere i pesci, per il resto può servire solo al proliferare delle alghe sulle rocce ( fattore positivo ).
Essendo solo una questione estetica è consigliato l’impiego due neon, uno a luce blu attinica (per il marino) ed uno a tono caldo, per esaltare le colorazioni blu e gialla, che sono le predominanti nelle livree di questi pesci.

Le pompe
La corrente d’acqua in un acquario di mbuna non sembra mai sufficiente, oltre alla pompa (potente mi raccomando) del filtro è un ottima cosa mettere altre pompe di circolazione che evita la formazione di zone stagnanti e aumenta il contenuto di ossigeno.

L’aeratore
In questo tipo di vasche, l’utilizzo di un aeratore può essere utile, fa diminuire la concentrazione di co2 e quindi aiuta a mantenere il ph basico, inoltre aumenta la circolazione dell’acqua e la percentuale di ossigeno (cose comunque che si possono ottenere con una pompa supplementare).

Riscaldatore
l’acqua deve essere mantenuta a 25-26°C, va installato pertanto un riscaldatore termostatato ed un termometro per controllare la temperatura.

Le rocce
Queste sono per me ciò che fa la differenza tra il Malawi facile e quello problematico, un acquario molto ricco di rocce offre moltissimi ripari e consente di ottenere microterritori in cui gli esemplari trovano rifugio e che difendono strenuamente.
L’ideale è formare una parete di rocce che parte da 5-10 cm dal vetro frontale e si innalza per tutta la lunghezza della vasca fino al pelo dell’acqua,
Ovviamente tante rocce equivale a meno acqua … e qui salta fuori il discorso del volume minimo della vasca, nel mio acquario di 240 lt il volume effettivo di acqua si riduce a circa 120 lt, inoltre sono alimentati solamente con mangime vegetale ed è sovrappopolato, questo mi obbliga a fare un cambio quindicinale per mantenere bassi i nitrati.
Cosa implicherebbe una vasca di 100 lt ? Saremmo per lo meno costretti ad un ricambio continuo dell’acqua, senza poi considerare che l’esiguo spazio rimanente aumenterebbe l’aggressività degli ospiti

Quali rocce?
Personalmente impiego e consiglio roccia lavica, questa ha come grosso vantaggio di essere leggera ( tanto che alcune rocce possono galleggiare ), inerte, di essere ruvida e dalla forma irregolare, purtroppo ci sono anche dei contro, è particolarmente ruvida e potrebbe essere fastidiosa per i pesci mentre raschiano la sua superficie, non ho mai notato invece problemi di abrasioni sul corpo, per lo meno i miei stanno attenti quando si rigirano.

Una vasca allestita con rocce laviche.

La mia scelta è stata dettata soprattutto da scrupoli riguardanti il peso complessivo, ma molti altri tipi di rocce si rivelano adatte, dalle lastre di ardesia ai grossi ciotoli di fiume. L’importante è esagerare con la quantità.
A differenza degli acquari amazzonici dove si deve porre attenzione a non utilizzare rocce calcaree qui il problema non sussiste. Ponete attenzione solo al fatto che le rocce non abbiano inclusioni di metalli.

Una vasca allestita con rocce di fiume.

Come disporle
Non c’è una regola fissa da rispettare, ma per esperienza personale, lasciando “partorire” le femmine in vasca perché si salvino almeno alcuni piccoli ho posizionato uno strato di ciotoli molto più piccoli su cui ho messo le roccie più grosse, in modo che i pesci più grandi non vi possano entrare (e quindi predare)
Sicuramente però una buona regola è non siliconare le rocce tra di loro, ci possono essere vari motivi per smantellarlo (credetemi, a me è capitato più volte) ad esemio un decesso in vasca, il voler catturare degli esemplari per scambi o se volete far rilasciare i piccoli ad un femmina in una vasca separata (in modo che si salvino tutti).
Dopo uno smantellamento e riallestimento della vasca potrete notare un aumento di combattimenti e parate, ogni variazione della posizione delle rocce porta ad una ridefinizione delle posizioni della scala gerarchica dei vari esemplari, nulla di preoccupante comunque, si risolve tutto in un massimo di due giorni.

I legni
I legni sono sicuramente una valida alternativa alle rocce per forma e peso, e danno un aspetto naturale all’arredamento, ma rilasciando acidi umici tendono a portare il ph verso valori acidi, per cui consiglio un loro impiego moderato, a vantaggio di ulteriori rocce.
In alternativa si può far bollire il più possibile il legno e tenere il carbone attivo nel filtro.

Un “accessorio” utile
Per distribuire il peso delle rocce in modo più uniforme possibile e non creare punti di “tensione” sul vetro di fondo ho messo un foglio di “baydur”, si tratta di una specie di polistirolo molto denso, viene utilizzato come isolante dei sottotetti o tra le pareti di cartongesso, se andate in un magazzino di materiali edili sicuramente ce l’ hanno e dopo avervi riso in faccia per una simile descrizione ve lo forniranno.
Si può tagliare comodamente con il taglierino, non si sgretola e si può volendo rifinire con la carta abrasiva grezza.
Siccome i miei pesci si divertono a “vangare” il fondo onde evitare di vedere l’antiestetico colore verdino o rosa del materiale l’ho spalmato di silicone e ricoperto (prima che si reticoli) con la sabbia del fondo dopo averla ben lavata ed asciugata.
Dopo circa 24 ore è pronto per essere inserito in vasca e ricoperto dalle rocce e la sabbia.

Il fondo
Non ci sono obblighi nella scelta del fondo, basta che sia un materiale che non possa ferire i pesci, avendo loro una “simpatica” propensione a scavare e spostare la sabbia con la bocca, consiglio di usare un materiale relativamente fine in modo da agevolarli.

Le piante
Solitamente si sente dire che mbuna e piante non vano d’accordo … è parzialmente vero, i problemi non sono dovuti al riconoscere le piante come “panini”, ma al considerarli come intralcio e di conseguenza a sradicarle.
C’è però chi riesce ad allevare gli mbuna in acquari fittamente piantumati, probabilmente quando la quantità di piante è notevole si innalza notevolmente anche la tolleranza.
Le piante che si può tentare di allevare in vasca si riducono in ogni caso a poche specie e robuste o “poco appetitose”, si può provare con:
– Vallisneria, che tra l’altro è una pianta presente nel lago.
– Cryptocoryne, attenzione però alla specie, sono più consigliabili le wenditii, walkeri ed usteriana
– Muschio di Giava ( Vesicularia ), da legare bene col filo da pesca alle rocce.
– Microsorium, anche questo da ancorare.
– Apoogeton, fissare bene il bulbo tra le rocce
– Sagittaria, simile alla vallisneria.
In ogni caso tenete presente che è un tentativo, se poi ai vostri ospiti non piacciono non riuscirete a convincerli.


Microsorium e Vallisneria.


Cryptocoryne e Muschio di Giava

Vediamo nelle foto successive degli esempi di allestimento con piante.

Le alghe
Di solito le alghe sono combattute ed odiate dagli acquariofili, nel nostro caso invece ci sono amiche.


Rocce laviche ricoperte di alghe.

Sono il nutrimento che i nostri ospiti sfruttano in natura, questo comunque non sarebbe sufficiente in una vasca, ma consiste in una integrazione alla dieta commerciale, e si possono osservare i comportamenti caratteristici di questi pesci (Mbuna vuol dire battitore di rocce ).
Le alghe diventano ancor più importanti nel caso di “cuccioli” in vasca perché hanno una notevole difficoltà nell’alimentarsi (diventerebbero loro stessi dei “panini” ) soprattutto nei primi periodi.


Labidocromis hongi mentre bruca le alghe.

L’allestimento
Trovata la vasca bella grande? Trovato il posto giusto in casa? Bene, allora possiamo procedere con l’allestimento della vasca. Dopo esserci assicurati che mobile e luogo siano in grado di sopportare il peso ( non indifferente ) controlliamo con una livella che il vetro sia in bolla. ritagliamo con un taglierino il foglio di “Baydur”, ricaviamo i condotti e le sedi per le pietre porose ( se vogliamo montare l’aeratore ) ed eventualmente facciamo il rivestimento con silicone e sabbia.
Una volta reticolato per bene ( due/tre giorni per essere sicurissimi ) si può introdurlo in vasca, posizionare le eventuali tubature del filtro esterno ed iniziare a disporre le rocce più grosse, preventivamente sciacquate sotto acqua corrente, molto distanziate fra loro ed in modo che siano stabili.
A questo punto si può introdurre un paio di centimetri di sabbia ben lavata e su questa distribuire uno strato di ciottoli sugli otto cm di diametro per un altezza di circa 15 cm, su cui possibilmente disporre le rocce più piatte.

Pseudotropheus zebra arancio (Foto di Bruno Todisco)

Questo strato è molto utile nel caso si opti per non separare la femmina con le uova in bocca e lasciare i piccoli in vasca, non è comunque una soluzione, nelle ( rarissime ) femmine separate ho contato mediamente una quindicina di piccoli, in vasca nei periodi migliori non sono andato oltre i 4 piccoli salvatisi.
Molto dipende anche dalla specie, ad esempio la percentuale più alta l’ho riscontrata con Labidochromis caeruleus e Pseudotropheus demasoni che hanno piccoli molto “attenti” e che stanno ben nascosti, invece i piccoli di Pseudotropheus saulosi che sono dei veri e propri girovaghi non si sono mai salvati.
Ora possiamo disporre le restanti rocce, ricordandoci di inserire anche le pompe di movimento inserite dentro a dei “cubetti di spugna“ facendo in modo che siano mascherate dai sassi.
Infine aggiungiamo ancora un po’ di sabbia (il dove è relativo, tanto poi la dispongono loro come gli comoda) e possiamo riempire con acqua di rubinetto (a meno che on abbiate acqua tenera ed acida)
Ora non resta che attendere che il filtro maturi, poi si potranno introdurre i pesci.

Labidochromis caeruleus nascosti in un anfratto.

Il corteggiamento

Il corteggiamento è molto simile alle parate di minaccia che si notano tra due esemplari maschi, il maschio si para davanti alla femmina accendendo al massimo i suoi colori ed in particolare il contrasto tra le barrature (nelle specie che le presentano nella livrea).

Il Maschio si inarca a “C” o ad ”S” e trema, se la femmina non pare particolarmente impressionata il tremito può concludersi con uno schiaffo d’acqua.

A questo punto la femmina individuato chi merita di essere il padre dei piccoli si ritira tra le rocce, deposita le uova e le raccoglie immediatamente in bocca, poi torna a cercare il prescelto. Questi ora non si esibirà in parate come le precedenti, ma “accarezzerà” con un fianco tremando la sabbia tenendo ben evidenti gli ocelli sulla pinna anale, la femmina probabilmente attirata come se fossero uova cerca di prenderli in bocca, cosi’ il maschio emettendo il seme le feconda.

La femmina infine si ritira fra le rocce in attesa che le uova si schiudano e si sviluppino i piccoli, fino al momento del rilascio non si nutrirà (non che non voglia, ne è impedita) per cui questo periodo può essere per lei pericoloso: in caso di due riproduzioni troppo ravvicinate si instaura una specie di anoressia e la femmina si lascia morire, eventualmente dopo che ha sputato i piccoli sarebbe una buona cosa tenerla per un po’ in una vasca a parte perché si riprenda e non ci sia possibilità di un immediato accoppiamento.

I piccoli dopo pochi giorni.

Una volta che i piccoli sono nati accettano senza problemi il mangime in fiocchi sminuzzato e preventivamente bagnato, molto utili ora si riveleranno le rocce coperte di alghe, che costituiscono una riserva di cibo fresco e naturale.

Esperienze di riproduzione (Foto di David Francescangeli)

Sono anni che mi diletto a ricreare biotopi acquatici, dal piccolo mondo dei Betta, al grande amazzonico di Scalari e Discus, passando da un piccolo amazzonico di ciclidi nani e Loricaridi e da vasche movimentate come quelle dei Pecilidi. Debbo dire però che nessuno di questi bei ecosistemi, mi ha mai preso la mano come quello africano, bello, movimentato e tanto, tanto colorato.
Purtroppo vivere in una cittadina piccola (ma molto bella e tranquilla) come Terni, non mi ha affatto aiutato, perché i negozi di acquariofilia fino a poco tempo fa offrivano sempre e solo i “soliti” pesci. Internet però, anche in questo caso, è stata per me come una grande famiglia, mi ha aperto gli occhi e coinvolto in questa magica avventura, ed in breve tempo a Terni ho contagiato almeno una ventina di persone e anche qualche negoziante.
Sono sicuro poi, che il biotopo Malawi contagerà anche voi: chi non ha mai desiderato una vasca con tanti colori, molto movimento, facilità di manutenzione, basso costo, ma soprattutto,tante, tante riproduzioni!!
Eh, sì, chi non ha mai sognato di diventare “zio” di qualche pesciolino colorato che non sia il solito Guppy? Con il Malawi vedrete che sarà abbastanza facile, basterà rispettare soltanto qualche piccola norma ed il gioco sarà fatto.
Occorre innanzitutto avere una vasca bella grande e lunga, diciamo dai 150lt in su, anzi, preferibilmente sopra al metro di lunghezza. Bisogna poi alimentare i nostri pesci in maniera corretta (la maggior parte sono erbivori) e varia, e aver cura di avere sempre un’acqua bella movimentata e pulita, perché i nostri pesciolini sono grandicelli, abbastanza vivaci e soprattutto sporcaccioni (in ogni senso)!!
Un bel mucchio di rocce con anfratti e cavità, e una parte di vasca libera per farli nuotare, faranno al caso nostro; un bel filtro grande con una pompa potente poi, ci aiuteranno a tenerli con più facilità e soddisfazione. La cosa sicuramente più importante però, è la scelta dei nostri coinqulini pinnuti!


Un acquario di Ciclidi africani.

Avere un acquario Malawi infatti, è un po’ come far convivere un piccolo branco di lupi diviso in sottobranchi familiari! Per questo è bene sempre prendere un solo maschio per specie, regalandogli poi un harem di 2-3 femmine per “tenerlo buono”. Mai (o quasi) mettere insieme più maschi della stessa razza, soprattutto se si tratta di specie non propriamente erbivore e quindi con i dentini (vedi haplochromis del lago Vittoria), perché oltre al rischio di vedere continui litigi furiosi, il maschio di troppo (se riesce a salvarsi), spesso rimane sbiadito se non rimane addirittura dello stesso colore delle femmine, segno evidente di sottomissione e di paura.
Nella mia piccola avventura, le specie che mi hanno dato più soddisfazione (aldilà dei miei primi Pseudotropheus Aurora), sono stati i mitici Labidochromis Caeruleus, e gli ancora più mitici Pseudotropheus Demasoni.


Labidochromis Caeruleus e Pseudotropheus Demasoni.

Se i primi sono pesci di medio piccola grandezza e abbastanza pacifici, i secondi sono tra i più piccoli mbuna, ma soprattutto tra i più bastardi! Pensate che il mio maschione di Demasoni quando va in amore con la sua compagnuccia, nei suoi “vivaci” giochi amorosi, comincia prima a staccargli tutte le pinne, poi la “mette incinta”!
Volete mettere però veder crescere dei piccolissimi ciclidini di 2-3mm già tutti a righe? Poi vorrei farvi vedere con quale velocità crescono!! Più facili invece da riprodurre secondo me, sono i pesci della varietà Aulonocara, animaletti ben più grandi dei Demasoni, e per questo più facilmente le femmine riescono a proteggersi e a proteggere le loro uova. A mie spese però ho accertato che femmine così grandi, hanno la controindicazione della quantità d’avannotti prodotti a “parto” (sono riuscito a contarne circa 35 nella bocca di una sola femmina di Aulonocara!).


Aulonocara femmina e maschio.

Potete immaginarvi quindi cosa può voler dire crescere 3 loro covate (1 per femmina), anche perchè prima dei 5-6 cm nessun avannotto diventerà colorato, e considerando anche che per crescerli con sufficiente velocità (mamma mia che tragedia) hanno bisogno di almeno 200lt!!.
Una via di mezzo, invece, sono le specie del genere Pseudotropheus più grandicelli, tipo Zebra, Aurora, Lombardoi, Socolofi, Acei, ecc.. sfornano di solito tra i 10 e i 20 figlioletti che nel giro di qualche mese sono già “regalabili” ad amici e parenti.


Pseudotropheus socolofi e Pseudotropheus lombardoi


Pseudotropheus acei e Pseudotropheus zebra arancio. (Foto di Bruno Todisco)


Pseudotropheus saulosi e Pseudotropheus kingsizei.

Un discorso simile poi, va fatto anche per il genere Melanochromis, con l’unica eccezione che loro, già da piccolini sono dei piccoli bulletti (figuratevi da grandi), ma se si credono di comandare a casa mia, hanno trovato pane per i loro denti: li sto facendo crescere insieme a Demasoni e Haplochromis ch44!


Melanochromis chipokae

Una coppia di Haplochromis ch44. (Foto di David Francescangeli)

Per tornare alle riproduzioni, che fare una volta avvistata una femmina con le uova in bocca? Succede spesso, infatti, che gli altri coinquilini, la costringano a sputare le uova a suon di botte, comunque anche se riuscisse a difenderle, ancor più frequentemente succede che scambiano gli avannotti meno furbi per cibo vivo.


Femmine di Labidocromis caeruleus e Melanochromis chipokae con le uova in bocca.

Pseudotropheus zebra arancio con le uova in bocca.
(Foto di Bruno Todisco)

Per salvarne il più possibile allora, basterà isolare la femmina con le uova (possibilmente senza mai toglierla dall’acqua) in un’altra vasca dalle caratteristiche chimico/fisiche simili, poi, non appena sputerà i piccoli (un tempo che può variare dai 14 ai 21 giorni a secondo della temperatura e della specie ittica), la rimetteremo al suo posto.


Parate.

Tra i vari metodi di salvataggio, c’è poi, il metodo che io chiamo Brute-Force e che non consiglio mai a nessuno. Esso consiste nel togliere gli avannotti qualche giorno prima che vangano sputati, aprendo delicatamente la bocca della mamma con le dita e facendo uscire i piccoli che immediatamente separeremo. Questo brutale (ma innocuo) metodo (che ripeto è altamente sconsigliato), lo utilizzo soltanto per permettere a mamme particolarmente magre e stressate, di tornare ad alimentarsi qualche giorno prima del normale, tanto poi se non si esagera con i giorni di anticipo, gli avannotti non avranno assolutamente problemi a crescere.

Dopo aver pescato il pesce, lo si lascia calmare qualche minuto nella sala parto o in un retino grosso e profondo.
(Foto di David Francescangeli)
Prendere la femmina delicatamente e aprire con decisione (e molta attenzione) la bocca con un dito o con una strisciolina di plastica non appuntita che non crei ferite alla bocca. I piccoli vanno fatti uscire in più riprese aiutando la femmina fecendo col pollice lievissime pressioni sotto la branchia. Controllare bene che li abbia sputati tutti (altrimenti non ha senso).
(Foto di David Francescangeli)
I piccoli nella sala parto.
(Foto di David Francescangeli)

Se invece non abbiamo voglia di distruggere il nostro bell’acquario per pescare la femmina, o magari lo spazio per la crescita di avannotti latita, lasciamo fare tutto alla natura, chissà poi se qualche avannotto se la caverà da solo!
Questa sarebbe la cosa migliore, infatti anche io come alcuni dei miei amici, sono partito col buon proposito di salvare solo qualche avannotto, poi però mi faccio sempre impietosire e cedo.
Ormai, nasci che ti rinasci e salvali tutti, sono arrivato ad avere 3 vasche Malawi piene di avannotti di tutte le specie, (260lt con gli adulti e 100lt e 80lt per l’accrescimento dei piccoli) anche perché da un po’ di tempo a questa parte con i miei amici acquariofili, ci divertiamo a scambiarci i pesci come si faceva un tempo con le figurine dei calciatori!! “C’hai un maschietto di Caeruleus, ti posso dare un paio di femminucce di Aulonocara che ce l’ho doppione” ?


Piccoli di pochi giorni di Pseudotropheus lombardoi. (Foto di David Francescangeli)


Piccoli di alcune settimane di Pseudotropheus lombardoi e piccoli di Pseudotropheus saulosi.

Beh, non vi ho fatto venir voglia di Africa? Allora non vi resta che provare, vedrete che con pochi piccoli accorgimenti non avrete problemi, mai più pesci deboli e delicati, mai più acqua di osmosi (quella del rubinetto bella dura e alcalina va più che bene) e soprattutto mai più problemi con le piante, perché non ci si mettono quasi per niente!

Le specie

Le specie presenti nel lago Malawi sono oltre 400, suddivise in 50 generi, di queste quelle denominate “Mbuna” sono oltre una novantina, raggruppate in 11 generi.
Le specie che possiamo comunemente trovare in commercio sono ascritte nei generi : Cynotilapia, Labeotropheus, Labidochrmis, Melanochromis e Pseudotropheus.

Cynotilapia
Le Cyno sono tutte specie di ridotte dimensioni, una decina di cm circa, relativamente pacifiche e che difficilmente danno problemi di coabitazione.
Solo i maschi dominanti assumono la piena colorazione, le femmine rimangono grigiastre con barrature verticali più scure.
Purtroppo in commercio si trovano delle “fregature”, spesso vengono offerte come Cynotilapia in certi negozi i Pseudotropheus kingsizei, specie sicuramente bellissima, ma che raggiunge dimensioni maggiori ed ha una più spiccata aggressività
Raccomando per cui una certa attenzione al momento dell’acquisto, soprattutto se la vasca ove saranno introdotti è di ridotte dimensioni.


Cynotilapia afra coubè.


Cynotilapia afra lions.

Labeotropheus
Questo genere è caratterizzato dalla posizione insolita della bocca, si trova infatti in posizione ventrale il che gli permette di nutrirsi raschiando le rocce in posizione prossima a quella del nuoto.
Si trovano due specie, il fuelleborni ed il trewavasae, la prima ha un corpo più massiccio, la seconda più snello ed affusolato.
Entrambe hanno una spiccata aggressività soprattutto intraspecifica e possono raggiungere i 15 cm di lunghezza, ragion per cui andrebbero ospitati in vasche ampie ( sul metro e mezzo ) e possibilmente un solo maschio.

Labidochromis
I Labidochromis sono pesci di ridotte dimensioni, non superano i nove centimetri ed hanno una aggressività decisamente modesta per degli mbuna, il che li rende ospiti ideali per tutti gli acquari specifici, a partire dai più piccoli.
Solitamente in vasca sono i primi a riprodursi e quelli più prolifici, in molte specie sia il maschio che la femmina sono colorati inoltre sono tra le specie di mbuna più robuste ed adattabili … insomma degli ospiti ideali per tutte le vasche!


Labidochromis caeruleus


Labidocromis hongi

Melanochromis
Il genere comprende una quindicina di specie, che sono caratterizzate da un corpo allungato ed affusolato, con barrature orizzontali, vengono suddivise in due gruppi : il primo raggruppa gli esemplari più piccoli, che non superano i 12 cm, con il cranio tondeggiante e dalla bocca piccola, il secondo gruppo le specie dalla grande bocca con il muso appuntito,
Entrambi i gruppi sono caratterizzati da una spiccata aggressività che è alta sia nei maschi che nelle femmine, inoltre a differenza dei Pseudotropheus pare abbiano una alimentazione meno selettiva e che le specie più grandi si nutrano in natura prevalentemente di piccoli pesci.
Sebbene molto robusti e dall’interessante livrea l’ elevata aggressività rende questo genere sconsigliabile ai neofiti, soprattutto se la vasca a disposizione è di dimensioni contenute.


Melanochromis chipokae e Melanochromis johanni

Pseudotropheus
Al momento della scrittura di questo “speciale mbuna” la suddivisione non è ancora ben definita ed accettatala tutti, si parla di suddivisione del genere in più parti, Pseudotropheus dovrebbe riguardare le specie classificate come elongatus, per le altre ci sarà la ridenominazione nei generi Mayladia o Metriaclima, in ogni caso per ancora un lungo periodo sicuramente la maggior parte degli acquariofili continuerà ad usare la vecchia nomenclatura.
La notevole varietà di specie porta ad una certa difficoltà a dare indicazioni di massima sul loro allevamento, e sul livello di agressività.

Pseudotropheus zebra specie dalla corporatura tozza che in condizioni normali si mantiene sui 12 cm, è piuttosto aggressivo e se alimentato scorrettamente e portato a forme di gigantismo può essere pericoloso per gli altri ospiti della vasca.


Pseudotropheus zebra arancio (Foto di Bruno Todisco)

Pseudotropheus demasoni è una delle specie più piccole del lago ( max 10 cm ), è piuttosto aggressivo ma le sue ridotte dimensioni lo rendono meno pericoloso di molte altre specie, fattore sicuramente gradito dagli acquariofili è che sia il maschio che la femmina presentano l’intensa colorazione.


Pseudotropheus demasoni

Pseudotropheus tropheops raggruppa alcune sottospecie caratterizzate dalla fronte quasi verticale, con la bocca piccola e posta molto in basso, raggiunge i 13 cm di lunghezza.
Pare siano meno “vincolati” alle rocce ed in natura alcune sottospecie popolano anche i canneti e le praterie di vallisneria.

Pseudotropheus saulosi è una specie che vive in una ristretta area caratterizzata da forti correnti, è di ridotte dimensioni ( una decina di cm ), non eccessivamente aggressiva, molto appariscente e dalla forte differenza di colorazione tra i due sessi : gli esemplari giovani e le femmine hanno una intensa colorazione gialla, i maschi adulti invece azzurra con barrature nere, solitamente è poco vincolata alla tana e difende un gruppo di rocce restando più che altro all’aperto.
Le specie da descrivere sono moltissime e dalle caratteristiche molto diverse, prima di acquistare od ordinarne una raccomando di documentarsi bene soprattutto per dimensioni ed aggressività.


Pseudotropheus saulosi

Pseudotropheus lombardoi


Pseudotropheus lombardoi

Pseudotropheus elongatus


Pseudotropheus elongatus

Pseudotropheus kingsizei


Pseudotropheus kingsizei

 

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