L’ Utricularia graminifolia è una pianta perenne, carnivora, acquatica e palustre, a crescita lenta, della famiglia delle Lentibulariaceae, che, inserita in un acquario o in un laghetto, con i suoi multistrati, gli conferisce un aspetto somigliante a uno spesso tappeto, a una specie di moquette, di un verde luminoso, con lo spessore dai 2 agli 8 centimetri.
Se si aggiungono legni o rocce, sulle quale appoggiare lo strato di Utricularia graminifolia, offre un’ondulazione che rappresenta un aspetto armoniosamente naturale nell’ambito del paesaggio acquatico, che può essere arricchito con l’aggiunta di piante che, magari, rassomiglino a lei.
Gli anglofoni la chiamano bladderwort, cioè “pianta vescica”, per la forma delle trappole (utricoli), che danno nome al genere, con cui catturano piccolissime prede, che possono essere Dafnie, Cyclops, per esempio, tanto per ricordarne qualcuna; qui, enzimi le sciolgono e la pianta può sfruttare l’azoto e il fosforo presenti, necessari per la sua crescita.
Questa forma di approvvigionamento di cibo consente alla pianta di vivere bene anche in ambienti parecchio carenti di nutrienti, in quanto l’indispensabile riesce a trovarlo togliendolo a esseri vivi.
Naturalmente, la pianta non fa distinzioni a proposito degli animaletti che provvedono al suo sostentamento, per cui, anche se non dimostrato, può pure darsi che qualche avannotto di pesce o qualche gamberetto di minuscole dimensioni sia finito nella sua dieta.

Caratteristiche delle trappole
Questo tipo di trappola è una caratteristica che si ritrova solamente in questa famiglia. E’ costituita da una minuscola vescica (utricolo) lunga un paio di centimetri, nella quale vengono catturati i piccoli esseri che, fiduciosi, cercano nascondigli fra le sue foglie e i suoi rizomi.
L’Utricularia graminifolia sviluppa stoloni striscianti, con foglie che sono lunghe un centimetro e larghe da 1 a 2, e si presentano come sottili e lineari steli di erba (che sono quelli che hanno dato il nome di graminifolia alla pianta), ed elementi, rassomiglianti a radici (i cosiddetti rizoidi), con i quali la pianta si ancora al terreno. I fiori sono piccoli e gialli.
Paesi di origine
Le sue origini sono in Asia, precisamente in Birmania, Cina, India, Sri Lanka, Thailandia, Vietnam. Per la prima volta ne ha parlato, con la relativa descrizione, Martin Vahl, botanico e zoologo norvegese, nel 1804; però, la sua introduzione negli acquari avvenne molto più tardi, vale a dire tra il 2005 e il 2007: anzi, quest’ultima data coincide con la sua introduzione per la prima volta sul mercato del settore da parte della società danese Tropica Aquarium Plants, che si occupa di piante da acquario e di prodotti per la loro cura.
Essendo facilmente allevabile, ha subito trovato ammiratori, che hanno provveduto a inserirla fra le loro piante preferite. Nel suo ambiente naturale, la si trova sia emersa sia sommersa nelle aree molto umide o allagate di paludi, stagni, oppure alla base di cascate e di rapide, ma sempre dove l’acqua sia in lento movimento o, preferibilmente, ferma. Il suo luogo preferito è quello della pianura, però la si può trovare fino alla quota di 1.500 metri sul livello del mare.
Descrizione della pianta e metodi di coltivazione
Quando si inserisce la pianta nell’acquario, si deve separare la zolla in 6 o 8 parti, secondo le sue dimensioni, che poi vengono interrate, con l’aiuto di una pinzetta, nella sua parte anteriore, in primo piano, oppure sul pendio del paesaggio acquatico, a 5 centimetri di distanza l’una dall’altra, lasciando, però, a ciascuna una piccola parte di cocco o di lana di pietra, per consentire loro un valido ancoraggio.
E, in merito al suolo, questo deve essere formato da un substrato vegetale dello spessore di 4 o 5 centimetri, con abbondanti sostanze nutritive, che ne favoriscono la crescita, e che, nello stesso tempo, garantisce l’ancoraggio delle radici.
Prima che si veda se essa è ancora viva, bisogna attendere da un mese e mezzo a due mesi e, a quel punto, non sarebbe male procedere a una buona fertilizzazione per garantirne il bisogno di ferro e manganese.

Acquario e sue condizioni ambientali
I parametri dell’acqua migliori dell’acqua per l’Utricularia graminifolia, secondo il parere del biologo danese Ole Pedersen, dello storico dell’arte danese Troels Andersen e dell’imprenditore tedesco Claus Christensen, tutti esperti in quel campo, dovrebbero essere da 6,8 a 7,0 per il pH e da 7 a 10 per il dGH; sempre secondo loro, la fertilizzazione, che preveda la somministrazione di anidride carbonica (CO2), pur non essendo indispensabile, tuttavia, se la si facesse, verrebbe stimolata la crescita della pianta.
L’acqua, da dolce a moderatamente dura, deve avere una temperatura fra i 20 e i 28°C, mentre l’illuminazione deve essere buona.
Per quanto riguarda le dimensioni della vasca, si può parlare di una capacità di almeno una cinquantina di litri d’acqua, consentendole di svilupparsi e di fare quella che è la sua caratteristica specifica, la forma di un tappeto.
Potenziale in acquacoltura e diffusione
Se si vuole, non è una pianta che abbia una grande diffusione negli acquari casalinghi, ma se dovesse capitare sotto gli occhi di un acquariofilo che non la conosce, non è detto che non gli venga di fare un pensierino per organizzare un acquario che preveda la sua presenza.
Immagine di copertina: fischermans, International Carnivorous Plant Society Forum – Pubblico Dominio.
