L’Aldrovanda vesiculosa è una pianta acquatica carnivora, appartenente alla famiglia delle Droseraceae, descritta da Linneo nel 1753 e il cui nome deriva dal famoso naturalista bolognese Ulisse Aldrovandi.
Essa è diffusa in tutte le zone temperate e tropicali del mondo, escluso il continente americano; ma pure in territori, nei quali un tempo poteva essere abbondante, ha delle defezioni, come per esempio in Italia da dove è scomparsa già da tempo; insomma, dire che è rara non è un’esagerazione.
In effetti, è in netta via di estinzione e, se per caso qualche acquariofilo riuscisse a riprodurla, per via sessuata o asessuata, o a moltiplicarla abbondantemente e ne mettesse in libertà qualche esemplare, non sarebbe per nulla un male, tutt’altro.

Ambiente in libertà
Quella smunta quantità di piante, che ancora esiste al di fuori degli acquari, preferisce le acque lente, se non ferme, di stagni, paludi e raccolte d’acqua similari; del resto che le acque siano o meno ricche di sostanze nutritizie in sospensione, è un problema che non interessa all’Aldrovanda vesiculosa, giacchè, lo si ripete, è una pianta carnivora, per cui l’importante è che nel suo ambiente vi siano floride colonie di invertebrati da predare.
Caratteristiche della Aldrovanda vesiculosa
Si tratta di una pianta galleggiante che, però, non vive al contatto diretto con l’ambiente aereo, bensì posizionandosi alla superficie dell’acqua appena al di sotto del pelo della stessa. Non ha radici, ma filamenti caratterizzati da nodi e internodi, che possono acquisire una lunghezza dai 20 ai 25 centimetri.
Mentre da una parte del filamento si verifica la crescita, dall’altra la pianta lentamente si spegne. Dagli internodi si ha l’origine delle foglie, rette da un minuscolo picciolo, lungo sino a 9 millimetri. I fiori, di un colore bianco tendente al verde, hanno 5 petali lunghi dai 4 ai 5 millimetri.
Approvvigionamento di cibo per la Aldrovanda vesiculosa

Nella cattura delle piccole prede, la Aldrovanda vesiculosa si comporta come la Dionea muscipola (la cosiddetta Venere acchiappamosche), con le trappole a scatto di 2 o 3 millimetri, costituite da due lobi di tessuto traslucido muniti di minuscoli e sensibili peli, della stessa conformazione, ma la cattura delle sue vittime è 10 volte più veloce; invero, si è calcolato che per chiudere le sue trappole impieghi da 10 a 20 millisecondi.
Forse, questa sua velocità potrebbe entrare a far parte del “Guinness dei primati”!. Il suo “Tigmotropismo”, cioè la sua risposta a stimoli tattili o a contatti, la rende velocissima nel chiudere le bocche munite di peli delle sue trappole e nell’imprigionare senza scampo alcuno gli animaletti che, per disgrazia loro, hanno deciso di passare accanto a lei.
Riproduzione, divisione, moltiplicazione
A questo proposito, l’affermazione che l’ignoranza domini non è una cattiveria, sia per la riproduzione sessuata sia per quella asessuata. Pertanto, per avere nuove piante, non resta altro da fare che disgiungere alcune ramificazioni che, lentamente, tenderanno a crescere e a formare le nuove trappole. Oppure, si può procedere alla divisione dei turioni, di cui si è detto più sopra, oppure quelli che si staccano a primavera, che, scesi sul fondo, formano radici nel quale si radicano.
Coltivazione in acquario della Aldrovanda vesiculosa
Le dimensioni del contenitore dipendono da ciò che l’acquariofilo intende fare. La sua posizione nell’ambiente casalingo deve garantire un paio di ore di sole al giorno. Il substrato di 2 o 3 centimetri, può essere formato da lapilli vulcanici che lascino interstizi nei quali si possano sviluppare colonie batteriche e di altri nutrienti. Si potrebbe utilizzare la torba, però avendo questa il difetto di intorbidare l’acqua, è meglio non considerarla.
Come già affermato, la Aldrovanda vesiculosa non ha particolari esigenze in merito all’acqua; l’importante, comunque, è che siano rispettati i parametri relativi alla temperatura, che è bene sia dai 18 ai 25°C durante il periodo invernale e dai 20 ai 28°C per il resto dell’anno, mentre il pH è ideale fra 5,5 e 6,5; una raccomandazione è che l’illuminazione sia abbondante e che non manchi l’anidride carbonica, che si può ottenere immettendo foglie secche.
Stagionatura dell’acquario

Una considerazione da non trascurare è quella relativa alla maturazione del contenuto dell’acquario, perché è importante che le sue condizioni corrispondano alle esigenze della pianta, facendo in modo che, e sicuramente non è cosa facile , ci siano presenti batteri, microrganismi e nutrienti bilanciati. Ciò significa che, prima di procurarsi la pianta, è opportuno attendere alcuni mesi che l’ecosistema si stabilizzi.
Se tutto corrisponde a quanto preventivato, si può procedere all’allestimento definitivo dell’acquario. Del substrato si è già detto, per cui si può passare alle piante indispensabili per completare l’ecosistema.
Si può pensare a introdurre una o due piante palustri (Typha, Iris pseudocorus, Carex, Paragmites australis, Nimphea,…). Si procede, poi, alla piantumazione delle piante ossigenanti (Ceratophyllum demersum, Stratiotes aloides, Elodea,…), che completano l’arredamento della vasca e che si oppongono allo sviluppo incontrollato delle alghe.
Infine, non possono mancare le piante galleggianti (Lemna, Salvinia natans, Hydrocharis morsusranae, Azolla,…); poiché queste tendono ad allargarsi, togliendo la luce a quelle immerse, conviene togliere quelle in eccesso, facendo spazio all’Aldrovanda vesiculosa.
Non ci si deve dimenticare di aggiungere foglie secche, che contribuiscono a fornire ulteriori nutrienti e la CO2, come si è detto più sopra.
Ma pure animali acquatici sono inseribili nella vasca. Per esempio, sono indicate le lumache d’acqua (Limnea, Planorbarius,…), che si nutrono di alghe, insieme con microrganismi (Dafnie, Copepodi, Ostracodi,…); questi talvolta entrano nell’acquario insieme con le piante acquatiche, nel qual caso il problema si sarebbe risolto da solo.
In inverno essa va in riposo, mentre forma turioni, che rendono a depositarsi sul fondo; per evitare si che essi siano attaccati dalle lumache e che tocchino il substrato, conviene inserirli in un contenitore, con l’apertura coperta da una garza e appoggiarli al sicuro sullo stesso.

Considerazioni finali
Qualora fosse possibile procurarne qualche esemplare, sarebbe un vanto per l’acquariofilo possessore, giacché la sua rarità la rende particolarmente singolare, per non dire unica del suo genere, e non è certamente poco.
Se si è fatto tutto bene, mettendo insieme un ecosistema ideale, e se la luce solare è ottimale, la pianta farà bella mostra di sé nell’acquario casalingo.